Dislessia: cause organiche e psicologiche
Le cause della dislessia purtroppo non sono ancora ben note ed in merito sono state formulate molte e differenti ipotesi ma il parere degli esperti non è allo stato attuale concorde. Cerchiamo di scoprire quali sono le cause organiche e quali quelle psicologiche che danno origine al disturbo.
Cause della dislessia.
Nonostante la gran mole di studi in materia, che testimonia quanto l’argomento sia stato ed è tuttora oggetto dell’interesse e dibattito scientifico, le cause della dislessia non sono ancora note con certezza e non vi è neppure, tra gli studiosi, una unicità di vedute sulle numerose ipotesi avanzate. Ipotesi che a turno sono state dominanti, per dei periodi di tempo più o meno lunghi, godendo del sostegno di teorie scientifiche che in quegli anni erano in auge, e che poi sono state soppiantate da altre teorie antagoniste. Certamente questa ridda di supposizioni, che si sono avvicendate negli anni, è la diretta conseguenza di un problema che si non presta a facili e probabilmente univoche soluzioni.
Forniamo, prima di ogni altra cosa, una succinta definizione di dislessia e rimandiamo coloro che fossero interessati a maggior chiarimenti alla scheda di approfondimento che segue. Scheda di cui, comunque, consigliamo la lettura per una miglior comprensione di quanto si dirà nel seguito.La dislessia è la difficoltà a leggere un testo ad alta voce ed in maniera scorrevole e contemporaneamente comprenderlo in maniera accurata.
La dislessia è uno dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento o DSA. Questi sono tutti quei disturbi che compromettono nel bambino l’acquisizione delle specifiche capacità che consentono la totale autosufficienza nella formazione del proprio bagaglio culturale (ad esempio: leggere, scrivere, fare di conti, etc.). Una condizione essenziale affinché in un soggetto si possa parlare di DSA è che questi abbia:
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un coefficiente intellettivo nella norma e quindi normale attitudine all’apprendimento;
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sia esente di deficit psichici e fisici (compromissioni della vista e dell’udito),
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abbia seguito/segua un normale iter scolastico di apprendimento.
Dislessia |
E’ un problema di difficoltà dell’apprendimento della lettura. Ma questo non basta, infatti, una percentuale di bambini, compresa tra il 3 ed il 10 che si apprestano ad imparare a leggere, ha difficoltà a sviluppare tale abilità ma non per tutti è possibile parlare di dislessia. E’ quindi che cosa è la dislessia? Sono disponibili a tale proposito molte possibili definizioni. Noi riportiamo ritenendola consona e nello stesso tempo di facile comprensione quella fornita nel 1979 dal Professor Frank R. Vellutino della Fredonia State University of New York. Essa recita: “la dislessia è un fallimento nell’imparare a leggere in maniera corretta nonostante: una intelligenza che sia nella norma, un udito normale, un iter scolastico secondo consuetudine e la mancanza di difficoltà sia esse di natura fisica che socioeconomiche “. La dislessia è quindi un disturbo specifico che inficia ed interessa solo una particolare abilità del bambino. Abilità che è appunto la lettura. Mentre tutte le altre sono assolutamente inalterate. La valutazione della dislessia viene fatta secondo codificati protocolli o da un medico o da uno psicologo. I criteri che vengono applicati per effettuare tale valutazione sono quelli codificati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e precisamente:
Approfondisci cos'è la dislessia e le varie tipologie del disturbo. |
Cause organiche del disturbo specifico della lettura.
Nel seguito proviamo a riassumere e contemporaneamente a fornire una breve spiegazione delle ipotesi/teorie più accreditate in materia.
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Teoria del deficit fonologico. Per poter spiegare, in termini semplici, detta teoria è necessario chiarire il significato di fonologico. Fonologico è indicativo di qualcosa che è inerente alla fonologia che è quella parte della linguistica (scienza che studia il linguaggio) che analizza, organizza ed associa i suoni come unità linguistiche (fonemi) e che consente, in ogni lingua, di far corrispondere ad un insieme di suoni (foni) una parola ed ancora di far distinzione tra due parole diverse (esempio calla e palla). Ritornando quindi alla teoria del deficit fonologico, essa considera la dislessia come una compromissione dei processi di raffigurazione, memorizzazione e rinvenimento delle parole. Per poter leggere, infatti, deve essere presente, in ogni individuo, un substrato di conoscenze che permetta di associare ad ogni unità minima di scrittura (grafema) un fonema ed ad ogni insieme di fonemi che costituiscono una parola una rappresentazione del suo significato. Se i processi con cui avvengono questa rappresentazione, memorizzazione e recupero, risultano deboli e fallaci allora si presenta la dislessia. Studi che utilizzano immagini del cervello ottenute con la metodologia della Risonanza Magnetica Nucleare hanno evidenziato che le aree cerebrali interessate dal processo fonologico sono posizionate nella regione Peri Silviana di sinistra. Ovvero nella regione di sinistra del cervello in prossimità della Scissura di Silvio che divide il lobo frontale e parietale da quello temporale. I detrattori della teoria del deficit fonologico pur riconoscendo nel disturbo dislessico il deficit fonologico sostengono che questo è il parziale aspetto di un disturbo più ampio.
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Teoria Cerebellare. I sostenitori di tale teoria partono dall’ assunto che i dislessici, generalmente, associano ai problemi di lettura anche altri che richiedono capacità di eseguire operazioni in maniera automatica e compiti motori. Poiché a sovraintendere a tali operazioni è il cervelletto, sembrerebbe lecito supporre che la causa di tutto potrebbe essere una disfunzionalità di carattere biologico di quest’ultimo. Il cervelletto, infatti, sovraintende ai processi di controllo motorio (coordinazione e controllo dei movimenti) e quindi non solo alla articolazione della parola ma a tutte quelle attitudini che richiedono automazione dei processi per la loro messa in atto e quindi: digitare, dattilografare, guidare, etc.
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Teoria del deficit uditivo o deficit di processing temporale. Secondo questa teoria la dislessia sarebbe la conseguenza della incapacità/difficoltà di decodificare e rappresentare mentalmente, in maniera corretta, suoni brevi e simili tra loro (esempio da/ba, pa/ba, etc.). La teoria è ovviamente suffragata dalla constatazione di alcuni frequenti problemi che si riscontrano nella lettura ed anche nel linguaggio di numerosi bambini dislessici.
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Teoria magnocellulare. E’ di recente formulazione (2001) ed è il tentativo di unificare le teorie già in circolazione e fin qui riassunte. Essa postula che problemi nella visione coordinata con entrambi gli occhi e, di convergenza degli assi ottici quando si fissa un oggetto, dipendono da una compromissione di un gruppo di neuroni del cervello, note come magnocellule, che sono deputate al controllo del movimento oculare. Esse, infatti, connettono la retina ai lobi occipitali e parietali e quindi consentono l’elaborazione da parte del cervello dei dati raccolti dall’occhio. Una compromissione delle magnocellule determina immagini in movimento offuscate e sfocate, lamentate dai dislessici, che conducono inesorabilmente a problemi di lettura. Questa teoria è in grado di spiegare anche i problemi fonologici dei dislessici come pure i deficit uditivi ed i problemi cerebellari. E’ possibile, infatti, ipotizzare un sistema magnocellulare uditivo sul tipo di quello magnocellulare visivo. La compromissione di tale gruppo di neuroni condurrebbe ai problemi di confusione tra fonemi brevi e simili tra loro. Comporterebbe anche una confusione dei foni delle lettere che compongono le parole e una conseguente limitazione dell’ apprendimento delle capacità fonologiche. I problemi cerebellari sono spiegati dal fatto che è proprio il cervelletto ad elaborare i dati che provengono dalle magnocellule e quindi in presenza di deficit magnocellulare lavorerebbe su input sbagliati.
Cause psicologiche della dislessia.
Esistono anche teorie che sostengono cause psicologiche alla base del disturbo dislessico.
Alcuni, infatti, sostengono che i bambini che subiscono traumi emotivi nella primissima infanzia come nascita prematura, abbandono, problemi familiari, sono destinati, con maggiore probabilità a diventare dislessici.
Tuttavia, poichè molti bambini che in età scolare hanno disturbi della lettura, sono stati bambini felici e senza problemi emotivi, è probabile che tale tesi confonda la causa con l’effetto.
I problemi psicologici, infatti, cominciano a nascere quando il bambino dislessico si trova ad affrontare le difficoltà scolastiche e dallo stato di frustrazione in cui cade quando si rende conto di non riuscire a tenere il passo con i compagni.
Inoltre le difficoltà aumentano poichè spesso il disturbo non viene individuato e trattato in tempo, perchè spesso il deficit è confuso con svogliatezza e cattiva volontà, per cui il bambino anzicchè aiutato, viene colpevolizzato.
Quali sono le possibili conclusioni ?
La ricerca delle cause della dislessia è ancora in atto e ognuna delle ipotesi fin qui formulate non riesce spiegare in pieno a tutte le evidenze raccolte su di essa. Infatti si ha che:
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La teoria fonologica non riesce a dare conto dei problemi di carattere motorio e sensoriale che alcuni dislessici presentano.
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Le teorie che sono fondate su disfunzioni sensoriali non riescono a spiegare perché : solo alcuni dislessici hanno problemi di carattere: motorio o uditivo o visivo mentre tutti i dislessici hanno problemi fonologici.
Tutto ciò porta a considerare che forse possono esistere diversi sottotipi di dislessia, alcuni caratterizzati esclusivamente da problemi fonologici, altri che a tali problemi associano deficit sensoriali di tipo motorio, visivo, uditivo e che i fattori psicologici possono essere solo un’aggravante del deficit organico.