Clostridium difficile: terapia, trasmissione, sintomi, diagnosi e dieta
Approfondimento sul Clostridium difficile. Scopriamo come si trasmette, quali i sintomi e le terapie che seguono la diagnosi, dalla cura farmacologica alla dieta da seguire nel periodo della diarrea.
Cosa è il Clostridium difficile: caratteristiche ed habitat del microrganismo.
Il clostridium difficile è un batterio anaerobico (sopravvive cioè anche in ambienti privi di ossigeno) che diviene blu/viola alla colorazione di Gram (colorazione utilizzata per analisi di laboratorio volte a classificare i batteri) e pertanto è un Gram-positivo.
Vive, oltre che nell'uomo, con buona diffusione nell'apparato gastro intestinale di molti animali domestici e specificatamente in: cane, gatto e numerosi altri animali da cortile.
In natura è diffuso con discreta abbondanza nel terreno dove riesce a vivere anche in condizioni estreme per lunghi periodi, favorito dalla sua capacità di sporulare (ossia dalla capacità, in condizioni ambientali avverse e di scarsa alimentazione, di generare spore. Queste cellule si sviluppano senza fecondazione e si rivestono di una membrana particolarmente resistente sia alle escursioni termiche che all'attacco chimico dei comuni disinfettanti).
La convivenza del batterio con l’uomo: quando e come si sviluppa l’infezione?
Nell'uomo adulto è possibile individuare il clostridium, senza che ciò crei dei problemi, in circa il 3% del totale della popolazione. Nei neonati con meno di un anno tale percentuale può crescere in maniera massiccia con punte del 70%.
In questi casi di asintomaticità il clostridium è parte integrante, insieme ad altre numerose colonie batteriche, di quella che comunemente viene denominata flora saprofita intestinale. Ossia partecipa, con circa 400 specie diverse di batteri, a quella popolazione di microrganismi che vivono adesi alle mucose dell’intestino in simbiosi col nostro corpo. (Ricordiamo che la simbiosi è quella forma di convivenza, tra organismi di specie diverse, da cui tutte e due le specie traggono vantaggi).
Nel caso in questione i batteri ricavano cibo indigerito per il loro sostentamento, il che ha per l’uomo diversi benefici così riassumibili:
- Abbattimento per fermentazione dei polisaccaridi indigeriti presenti nell'intestino. I batteri li degradano con un processo di fermentazione ad acido acetico e acido butirrico.
- Protezione contro la proliferazione di batteri patogeni provenienti dall'esterno. Col processo di degradazione dei polisaccaridi la flora saprofita intestinale produce anche dei principi attivi anti patogeni che impediscono l’adesione di questi alla mucosa intestinale. Adesione resa già difficoltosa dalla presenza delle colonie amiche.
L’infezione di clostridium difficile che, di norma non arreca problemi, può però in qualche caso degenerare, con eccessiva proliferazione del batterio, e scatenare una sintomatologia che può rivelarsi fastidiosa e talvolta anche severa al punto tale da mettere a rischio la vita stessa del paziente.
Una tale situazione è solitamente provocata dallo sconvolgimento della flora intestinale con compromissione dei normali equilibri numerici tra le varie colonie batteriche. Equilibrio che è incrinato quasi sempre dall'azione di terapie antibiotiche e più segnatamente quelle ad ampio spettro ossia che colpiscono contemporaneamente svariate specie di organismi.
Le infezioni di clostridium erano e sono tuttora molto frequenti nelle strutture in cui vengono assistiti pazienti cronici ed anziani come sono i nosocomi.
Tuttavia negli ultimi anni sono cresciute con andamento esponenziale le epidemie che si sviluppano fuori dell’ambito ospedaliero e le infezioni in soggetti che non sono stati precedentemente sottoposti a terapie antibiotiche. Contemporaneamente sono aumentati i ceppi di batteri resistenti agli usuali trattamenti.
I meccanismi con cui si sviluppa la malattia correlata all'infezione di clostridium difficile.
Il processo inizia con una alterazione della fisiologica flora batterica dell’intestino causata da una terapia antibiotica talvolta associata a chemioterapia. Ne segue una eccessiva colonizzazione dell’intestino da parte del Clostridium difficile.
Questo successivamente rilascia due enterotossine: la tossina A e la B. Le enterotossine sono particolari proteine tossiche che godono della peculiarità di attaccare e danneggiare la mucosa enterica ossia del rivestimento dell’intestino. Dette tossine hanno proprietà cito tossiche, ossia riescono a effettuare danno alle cellule che ne tappezzano la parete interna. Precisamente alterano la membrana che riveste la cellula e ne racchiude citoplasma e nucleo rendendola permeabile. L’aumento di permeabilità della membrana fa si che gli ioni cloruro in essa contenuti fuoriescano dalla cellula determinandone la morte.
Sintomi e segni dell’ eccessiva proliferazione del batterio.
Come si è visto è possibile essere infetti da Clostridium difficile e non presentare alcun sintomo: in tale situazione si parla di colonizzazione asintomatica. Si può anche però essere infetti e presentare una modesta ma fastidiosa sintomatologia. Ed ancora essere infetti con una gravissima sintomatologia che può mettere a rischio anche la vita con problemi di setticemia. Si può quindi in definitiva sicuramente affermare che il quadro clinico della malattia è molto vario ed è funzione di quanto è grave l’infezione. Più precisamente:
Infezione lieve. Il quadro clinico che non configura colite (infiammazione del colon) e si presenta con:
- Diarrea con almeno tre evacuazioni acquose al giorno che perdura per almeno due giorni.
- Lievi crampi all’addome e rigonfiamento.
Infezione moderata. Il quadro clinico configura la colite e quindi infiammazione e danneggiamento della mucosa intestinale ma non presenta aderenze di detriti e cellule infiammatorie sulla mucosa compromessa. Si configura perciò con:
- Diarrea con feci non formate e liquide con 10 e più eiezioni al giorno.
- Presenza nelle feci di muco e sangue.
- Disidratazione.
- Dolori addominali e crampi severi.
- Nausee e mancanza di appetito.
- Calo ponderale.
- Febbre.
Infezione grave. Il quadro clinico che in questo caso viene a configurarsi è quello della colite pseudomembranosa e quindi:
- Diarrea liquida con muco e sangue.
- Dolore addominali e crampi.
- Febbre.
- Nausea e vomito.
- Disidratazione.
- Leucocitosi. Aumento della conta di globuli bianchi per effetto della infiammazione.
- Mucosa intestinale arrossata ed infiltrata di fibrina (proteina tipica della coagulazione sanguigna) ed eosinofili. Materiale che ha l’aspetto di una membrana biancastra (la pseudomembrana). La rimozione di tali membrana scopre zone di mucosa erosa e sanguinante.
- Aree necrotiche sulle mucose delle pareti dell’intestino. Aree che tendono ad ingrandirsi col progredire dell’infiammazione.
- Ispessimento della parete dell’intestino e specificatamente del colon.
Fattori di rischio di contagio e trasmissione.
Come si è già detto la maggioranza delle infezioni da Clostridium difficile vengono contratte in case di cura, ospedali e soprattutto nosocomi dove i pazienti stanziano per tempi relativamente lunghi. Il motivo è da ricercarsi nella possibilità di maggior diffusione del batterio che come accennato è in grado di resistere ai comuni disinfettanti ed alla tipologia degli ospiti che hanno elevate probabilità di essere stati trattati con antibiotici e di avere un sistema immunitario compromesso dall'età e da patologie croniche.
Il contagio avviene per contatto con materiale oro fecale di soggetti infetti. La diffusione è consistente perché il batterio oltre ad essere resistente ai comuni disinfettanti, riesce a sopravvivere per lunghi periodi anche in condizioni estreme sotto forma di spore.
Partendo da tali presupposti si può perciò affermare che costituiranno fattori di rischio quelli che di seguito elenchiamo:
- Età superiore ai 60 anni e più. E’ stato calcolato che un sessantacinquenne ha probabilità di circa 10 volte più elevata di un giovane trentenne di contrarre l’infezione.
- Precedente terapia o terapia in corso di antibiotici. Il rischio aumenta se il trattamento con antibiotici si associa a chemioterapia. Il rischio è inoltre ancora più elevato se gli antibiotici sono ad ampio spettro e quindi in grado di debellare più colonie batteriche contemporaneamente.
- Ricovero per periodi ragionevolmente lunghi in ospedale.
- Vivere in nosocomi o case di cura per anziani.
- Soffrire di patologie che hanno tra i loro segni l’infiammazione dell’intestino come può essere: la colite ulcerosa.
Approfondisci i sintomi e le cause della colite ulcerosa cronica.
- Soffrire di immunocompromissione ossia di problemi che compromettono il sistema immunitario.Aver subito interventi chirurgici all'intestino o più generalmente che hanno interessato la cavità addominale.
- Aver già avuto un precedente di infezione da Clostridium difficile.
Possibili complicanze dell’infezione da Clostridium difficile.
Le più comuni sono:
- Perforazione dell’intestino crasso. La colite e più segnatamente la colite pseudo membranosa col tempo, specialmente se mal curate, producono serie lesioni e necrosi alla mucosa che riveste l’intestino. In qualche caso le lesioni possono essere di entità tale da compromettere la tenuta della parete intestinale che può perforarsi. In condizione di intestino perforato l’infezione si riversa nella cavità addominale causando una grave emergenza medica: la peritonite che richiede immediato trattamento chirurgico pena la morte del paziente.
- Megacolon tossico. Abnorme distensione del colon per ostruzione e produzione di gas che possono condurre alla rottura del tubo intestinale. La condizione conduce ad un forte squilibrio degli elettroliti e dell’equilibrio acido/base. Condizione che provoca gravi sintomi di tossicità e di squilibrio mentale. Anche questa situazione richiede trattamento chirurgico immediato.
- Disidratazione. La diarrea può indurre grave disidratazione con perdita di liquidi ed elettroliti. Condizione che provoca severa ipotensione ed in alcuni casi insufficienza renale.
- Sepsi. In talune condizioni i batteri possono passare nel sangue ed allora si instaura la sepsi. Ossia una abnorme risposta infiammatoria scatenata dal sistema per contrastare il passaggio nel sangue normalmente sterile dei batteri.
Diagnosi: anamnesi e analisi differenziate.
Per diagnosticare un’ infezione di clostridium difficile il medico parte dalla constatazione del quadro clinico, anamnesi (descrizione della sintomatologia fatta dal paziente stesso), esame obbiettivo, ed in base a tali dati formula una ipotesi di diagnosi.
Infatti una diarrea persistente in un paziente sottoposto nei mesi antecedenti ad una terapia antibiotica, specialmente se il paziente è anziano ed è stato internato per un certo tempo in una casa di cura o ospedale, è fortemente sospetta di essere conseguenza di infezione del batterio.
La conferma di tale sospetto si otterrà con opportune indagini cliniche.
Queste saranno:
- Analisi delle feci. Si ricercano le tossine secrete dal batterio clostridium. Per fare ciò esistono vari metodi. Il metodo che più comunemente viene utilizzato è quello immunoenzimatico. Questo utilizza la proprietà di legame antigene anticorpo per rivelare la presenza del batterio.
- Colonscopia/sigmoidoscopia. Serve ad esaminare visivamente la superficie interna del colon o del sigma che è la parte terminale di quest’ultimo. L’esame si effettua introducendo attraverso l’ano un endoscopio che reca in cima una telecamera che fornisce su un monitor esterno immagini ingrandite dell’interno dell’intestino.E’ possibile in tal modo visualizzare aree infiammate e necrotiche della mucosa. Volendo è anche possibile effettuare prelievi di cellule da sottoporre a biopsia.
- TAC/RMN. Consentono, utilizzando Raggi X la prima e campi magnetici la seconda, di ottenere immagini del colon. Si riesce in tal maniera a valutare lo spessore del colon. Ricordiamo che l'ispessimento della parete del colon è un segno della colite pseudomembranosa.
Terapia per combattere l'infezione provocata dal Clostridium difficile.
Il protocollo terapeutico della malattia è vario di seguito riportiamo i trattamenti più comuni.
- Sospensione della terapia antibiotica sospetta di aver scatenato il problema.
- Somministrazione di Metronidazolo se l’infezione è lieve e/o moderata o di Vancomicina se l’infezione è grave. Sono entrambi antibiotici specifici utili per debellare il batterio Clostridium difficile.
- Somministrazione di probiotici. Dove i probiotici sono microorganismi vivi per lo più appartenenti alla famiglia dei lactobacilli e/o dei bifidobatteri in grado di sopravvivere al passaggio attraverso la barriera acida dello stomaco e di popolare l’intestino apportando benefici al’ospite. In particolare nella terapia dell’infezione di Clostridium unitamente agli antibiotici si usa somministrare un lievito il Saccharomyces boulardii, che è classificato come probiotico, e che vari studi hanno dimostrato godere della proprietà di prevenire le reinfezioni da Clostridium. Questa sua caratteristica gli deriva dalla capacità di ripristinare la flora compromessa dell’intestino. Va comunque esplicitamente menzionato che il trattamento con probiotici non è riconosciuto universalmente utile.
- Chirurgia. Nei casi di infezioni severe può rendersi necessario rimuovere chirurgicamente porzioni di colon compromessi dal processo necrotico che si sviluppa a causa della severa infiammazione.
- Batterioterapia fecale anche nota come trapianto di feci. Consiste nel ripristino dell’ecosistema microbico compromesso dell’intestino che ha permesso il proliferare del Clostridium. Ripristino che viene effettuato reintroducendo, con un trapianto, la completa flora intestinale sana dopo averla prelevata con le feci da un donatore in buona salute. Il trattamento nonostante gli ottimi risultati fin qui assicurati (successo in circa il 90% dei casi) è ancora in fase sperimentale. Si procede nel seguente modo. Si prelevano le feci di un parente del paziente dopo aver controllato che siano prive di virus, parassiti e batteri. Successivamente si tratta in laboratorio tale materiale per ottenerne una sospensione liquida. Si somministra la sospensione al paziente o direttamente nel colon sotto forma di clistere o nel cieco attraverso un sondino nasogastrico. Il trattamento non è mediamente ben accetto dai pazienti.
Dieta e norme di igiene alimentare da seguire nel periodo della diarrea.
Consumare molti liquidi per prevenire i prevenire la disidratazione. Seguire una dieta ricca di amidi e povera di latte e derivati e di alimenti ricchi di fibre. Alimenti da evitare:
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Prevenzione per evitare di contrarre l'infezione che il Clostridium difficile può determinare.
Ottemperando ad alcune semplici norme è possibile ridurre il rischio di contrarre l’infezione da Clostridium difficile ed il rischio di diffondere il contagio.
- Evitare l’uso indiscriminato di antibiotici. Gli antibiotici non vanno mai utilizzati in terapie fai da te e devo essere usati sotto prescrizione e controllo medico.
- Gli operatori sanitari e di strutture ospedaliere devono praticare un rigido protocollo di igiene. Utilizzando guanti monouso per la manipolazione dei pazienti e lavandosi dopo ogni trattamento le mani con abbondante acqua calda e sapone.
- Sottoporre gli ambienti e le suppellettili delle strutture ad accurata pulizia e disinfezione. Il Clostridium resiste agli usuali disinfettanti mentre teme l’ipoclorito (candeggina).
- Allocare in stanze singole i pazienti infetti da Clostridium o quantomeno raggrupparli nella medesima stanza.