Emofilia genetica A, B e C
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L'emofilia è una patologia genetica che colpisce il sangue. A causa di una mutazione del cromosoma X si verifica un deficit nella coagulazione del sangue, per cui i soggetti emofiliaci possono avere emorragie importanti anche per un taglio superficiale. Ma come si trasmette questa patologia? Quali sono le differenze tra Emofilia A, B e C? Esistono terapie preventive per ridurre i rischi? Scopriamolo.
Cos'è l'emofilia genetica?
L'emofilia è una malattia genetica del sangue in cui il soggetto affetto presenta un difetto in uno dei fattori che intervengono nella coagulazione del sangue. Per tale motivo il paziente avrà una coagulazione anormale e inferiore alla norma che lo espone a frequenti emorragie anche in caso di ferite lievi e superficiali come graffi o tagli. È una malattia abbastanza rara che colpisce prevalentemente i maschi e che ha un'incidenza di 1/5000 nati maschi e una prevalenza di 1/12000 nati maschi. In Italia si contano circa 7000 soggetti emofiliaci, mentre nel mondo se ne contano circa 400000. Ma la trasmissione di questa malattia come avviene?
La trasmissione è legata al cromosoma X.
La trasmissione genetica dell'emofilia è legata al cromosoma X e per tale motivo si manifesta con maggiore frequenza nei soggetti di sesso maschile piuttosto che in quelli di sesso femminile. Questo è dovuto al fatto che una femmina ha due cromosomi X (il cariotipo sessuale femminile è XX) per cui, anche nel caso erediti un cromosoma X difettoso che porta la mutazione per l'emofilia, avrà l'altro cromosoma X che farà da "compensatore" e la donna sarà quindi non affetta ma portatrice sana. Nel maschio, in cui vi è un solo cromosoma X (il cariotipo sessuale maschile è XY), se il cromosoma X porta la mutazione dell'emofilia non vi sarà nessun secondo cromosoma X a compensare e il soggetto risulterà affetto dalla malattia. Questo è anche il motivo per cui non esistono maschi che siano portatori sani della patologia. A tal proposito esistono degli esercizi di genetica per individuare quante probabilità ha una coppia di avere un figlio emofiliaco, che si basano sui diversi incroci possibili tra un maschio e una femmina.
Tali incroci (che nei problemi di genetica vengono risolti mediante il quadrato di Punnet) possono essere così riassunti:
- Incrociando una femmina portatrice sana (XX) e da un maschio sano (XY) si ha il 50% di possibilità di avere un figlio maschio affetto da emofilia e il 50% di probabilità di avere una figlia femmina portatrice sana.
- Se si incrociano una femmina sana e un maschio emofiliaco tutti i figli maschi saranno sani e tutte le figlie femmine saranno portatrici.
- Se invece incrociamo una femmina portatrice ed un maschio emofiliaco sarà possibile che nascano anche femmine affette da emofilia. È un caso estremamente raro.
L'emofilia si distingue in diverse tipologie. Vediamo quali sono.
Tipologie di emofilia: A, B e C.
L'emofilia è causata da una mutazione su alcuni geni che si trovano a livello del cromosoma X. A seconda del gene mutato si distinguono tre diverse tipologie di emofilia:
Emofilia A.
E' la forma più diffusa (1 caso ogni 10000 soggetti) e più grave di emofilia, causata da una mutazione del gene che codifica per il fattore VIII della coagulazione (gene Xp28). La mutazione determina una mancata sintesi di questo fattore e lo sviluppo della patologia e dei suoi sintomi clinici.
Emofilia B.
Clinicamente indistinguibile dalla forma A questa tipologia di emofilia è legata alla carenza del fattore IX della coagulazione (a causa di una mutazione sul gene Xp27 che si trova sul cromosoma X).
Emofilia C.
E'una forma di emofilia molto rara ed abbastanza lieve ed è legata alla parziale carenza del fattore XI della coagulazione (gene F11 4q35). È caratterizzata dal fatto che può essere presente sia nei maschi che nelle femmine in quanto il gene mutato può essere presente sia nei cromosomi sessuali che negli autosomi e può quindi manifestarsi in entrambi i sessi.
Emofilia acquisita.
Oltre alle suddette forme di emofilia genetica esista anche una forma di emofilia A acquisita che non è ereditaria e può verificarsi improvvisamente. E' una patologia autoimmune molto rara e poco conosciuta dovuta al fatto che l’organismo inizia a produrre anticorpi che bloccano l’attività del fattore VIII.
Unico sintomo: emorragia più o meno grave.
L'emofilia si manifesta con un unico sintomo rappresentato da frequenti emorragie sia spontanee sia indotte da un trauma che può essere anche minimo. Difatti al paziente emofiliaco basta poco per avere degli ematomi diffusi, e, anche in caso di lesioni superficiali come tagli, abrasioni o escoriazioni, può manifestarsi un'emorragia che, se non trattata tempestivamente, può risultare fatale.
La gravità dell'emorragia dipende da quanto il difetto genetico interferisce sull'attività del fattore VIII o IX. Pertanto possiamo avere:
- Emofilia molto lieve spesso asintomatica se l'attività è del 5/25 % rispetto al normale.
- Emofilia lieve: l'emofilia presenta sintomi lievi quando la quantità di fattore della coagulazione è compresa tra il 5% e il 25%. È il caso meno grave di emofilia che richiede un trattamento solo in particolari condizioni, come per esempio quando si prevede di estrarre un dente oppure se ci si deve sottoporre ad un'operazione chirurgica.
- Moderata: la sintomatologia è considerata moderata se i livelli di fattore della coagulazione sono compresi tra l'1% e il 5%. In questo caso sono rare o assenti le emorragie spontanee ma sono presenti le emorragie che si verificano dopo un piccolo trauma.
- Emofilia grave se l'attività è inferiore all'1 % rispetto alla norma. I pazienti affetti da emofilia grave vanno soggetti a frequenti episodi di sanguinamento anche dopo un trauma anche lieve come un'escoriazione.
I portatori sani hanno una quantità di fattore della coagulazione che può essere superiore al 50% o compresa tra il 25% e il 50%. In questo secondo caso possono essere lievemente sintomatici.
Complicanze.
In generale gli emofiliaci possono presentare andare incontro a diverse complicanze:
- Emorragie interne che causano ematuria: cioè presenza di sangue nelle urine, e presenza di sangue nelle feci a causa di emorragie a livello del tratto gastrointestinale.
- Formazione di ematomi a livello delle articolazioni e dei tessuti molli dovute a micro traumi che possono provocare dolore e gonfiore dell'articolazione e portare a vere deformità.
- Emorragia cerebrale con danno cerebrale e morte si può verificare anche in seguito ad un piccolo trauma alla testa.
La diagnosi: esami di laboratorio e test genetici.
La diagnosi di emofilia si esegue mediante degli esami di laboratorio che servono prima ad individuare la presenza della malattia e poi a definirne la tipologia. Gli esami che si eseguono in pazienti i cui sintomi fanno pensare all'emofilia, e che si effettuano su un campione di sangue, sono:
- Tempo di tromboplastina parziale o aPTT: si esegue per valutare se la coagulazione avviene correttamente e per individuare eventuali fattori della coagulazione mancanti o carenti. I valori normali sono compresi tra 28 e 40 secondi. In un paziente emofiliaco i tempi risultano molto allungati e, se superiori a 100 secondi, indicano che vi è un rischio elevato di sanguinamento spontaneo. Solitamente tale esame si associa anche al tempo di protrombina, o PT, che risulta normale.
- Dosaggio dei fattori della coagulazione: si esegue il dosaggio delle proteine della coagulazione nel plasma al fine di identificare quale di queste è presente in minore quantità o è assente. Serve sia ad identificare la tipologia di emofilia (A, B o C) sia a determinarne la gravità.
Altro fattore importante è la diagnosi genetica. Vediamo come si esegue.
Test genetici: le tecniche dirette e indirette per riconoscere l'emofilia.
Un altro livello di indagine è rappresentato dalla diagnosi genetica che può essere utilizzata sia per individuare una portatrice sana sia come indagine prenatale. Individuare se si è portatrici sane di emofilia può essere utile a scopo preventivo in tutte quelle coppie che stanno progettando di avere un figlio e in cui vi sono casi familiari di emofilia. La diagnosi genetica in questo caso si avvale di due metodiche:
- Tecniche indirette: tali test genetici ricercano dei marcatori associati ai fattori di coagulazione da indagare e non ricercano la mutazione vera e propria. La ricerca di questi marcatori serve ad individuare come viene trasmesso il gene contenente la mutazione all'interno di una famiglia e quindi di individuare quali soggetti risultano portatori sani. In questa tipologia di indagine non si analizzano solo i componenti della coppia ma anche eventuali soggetti emofiliaci presenti in famiglia, i maschi sani e la linea materna familiare.
- Tecniche dirette: cercano direttamente la mutazione responsabile dell'emofilia e si concentrano quindi sull'analisi dei geni coinvolti nella patologia. In particolare i test che si eseguono servono a individuare la presenza di inversione dell'introne 22, (parte del DNA) mutazione presente nel 40% degli emofiliaci, o, se questa è assente, l'inversione dell'introne 1, presente nel 4 - 6% dei casi di emofilia. Se entrambi i test sono negativi si indagherà sulla presenza di altre mutazioni.
Diagnosi prenatale.
Un ulteriore livello di indagine è rappresentato dalla diagnosi prenatale di emofilia che si può eseguire prima della nascita mediante villocentesi, che si esegue tra la 10a e la 12a settimana di gravidanza, o amniocentesi, che si esegue tra la 16a e la 18a settimana di gravidanza.
La diagnosi prenatale è di tipo molecolare, si esegue quindi sul DNA del feto e si consiglia a tutte quelle donne che hanno il sospetto di essere portatrici sane, soprattutto se aspettano un maschietto. La diagnosi prenatale si esegue con metodiche di biologia molecolare analizzando il cariotipo del feto, cioè i suoi cromosomi, e poi eventualmente ricercando le mutazioni dei fattori della coagulazione.
Come curare l'emofilia?
La terapia serve a prevenire o a contenere i sintomi ma non ad eliminare completamente la malattia. Il fine della terapia per il soggetto emofiliaco è quello di evitare i sanguinamenti il più possibile in modo da migliorare sia la qualità della vita del paziente sia da evitare complicanze letali. Si confida nelle nuove terapie genetiche ancora in fase di sperimentazione.
Farmaci e trasfusioni.
I farmaci utilizzati per la cura dell'emofilia non sono:
- Desmopressina per aumentare la quantità di fattore della coagulazione nelle forme lievi di emofilia.
- Acido aminocaproico utilizzato per prevenire un'eccessiva perdita ematica nei pazienti che devono sottoporsi a chirurgia o cure odontoiatriche.
Questi farmaci migliorano temporaneamente la funzione emostatica e vengono somministrati per sopperire alla mancanza di fattori di coagulazione nel plasma.
Spesso il trattamento dell'emofilia richiede trasfusioni di concentrati dei fattori carenti nel plasma. Questi concentrati possono essere ottenuti mediante due metodiche:
- Isolamento da sangue di pazienti donatori: si utilizza, come per le trasfusione, il sangue proveniente da un altro individuo, che verrà adeguatamente trattato per abbattere il rischio di infezioni trasmissibili con lo scambio di sangue come l'epatite o l'HIV.
- Ingegneria genetica: i fattori della coagulazione vengono ottenuti mediante tecnica del DNA ricombinante e non provengono quindi dal sangue di altri soggetti. In questo modo il rischio di infezione è nullo.
Queste terapie, sebbene rappresentino l'unica soluzione attuale per il paziente emofiliaco, presentano delle complicanze.
Una di queste è relativa alla possibilità di contrarre infezioni che si trasmettono per via parenterale. Un'altra complicazione molto frequente e molto grave è rappresentata dallo sviluppo di inibitori, particolari anticorpi che attaccando, distruggendolo, il fattore della coagulazione somministrato per via esogena.
Gli anticorpi anti fattore della coagulazione compaiono in circa il 25 - 30% dei casi ma, nella maggior parte dei casi sono di tipo transitorio e scompaiono con il tempo. Nonostante questo rappresentano una complicanza grave poichè annullano l'effetto della terapia.
Ci sono nuove terapie che i ricercatori stanno sperimentando e permetteranno di aprire nuovi orizzonti.
Le nuove terapie in fase di sperimentazione per l’emofilia genetica.
Considerati i problemi che possono sorgere con la terapia sostitutiva utilizzata attualmente nei pazienti emofiliaci, gli scienziati stanno facendo delle ricerche al fine di mettere a punto delle nuove terapie. In particolare si stanno sviluppando le seguenti terapie:
- Terapia genica: si basa sulla somministrazione di un organismo vettore (che può essere di origine virale oppure non virale) che contiene il gene sano corrispondente a quello mutato presente nel paziente affetto. Introducendo questo vettore nell'organismo si dovrebbe rendere in grado il soggetto di produrre una fattore di coagulazione funzionante.
- Terapia cellulare: è basata sul trapianto di cellule staminali sane capaci di produrre correttamente il fattore di coagulazione mancante o carente.
- Nuovi farmaci: si stanno sperimentando farmaci basati sulla tecnologia dell'RNAi, in particolare un farmaco, chiamato ALN-AT3, che è in grado di bloccare la produzione di antitrombina, un anticoagulante che viene prodotto dal fegato. In questo modo si aumenterebbe la coagulazione del sangue.
Tutte queste terapie sono ancora in fase sperimentale.
Attualmente per l'emofilia, essendo una patologia genetica, non ci sono cure. La terapia serve a prevenire o a contenere i sintomi ma non ad eliminare completamente la malattia.
Centri Emofilia.
Esistono in Italia 55 centri per seguire i pazienti emofiliaci sparsi sul territorio nazionale.I centri sono coordinati dall'Associazione Italiana Centri Emofilia (AICE) che si occupa delle strategie terapeutiche e della ricerca.