Leismhmaniosi umana: contagio nell'uomo, sintomi, cura e prevenzione
Non è molto nota, ma esiste anche la Leishmaniosi umana, oltre a quella animale! Con quali sintomi si manifesta? Ed è possibile fare prevenzione? Analizziamo in modo approfondito quali sono i meccanismi di contagio nell’uomo, quali le conseguenze derivanti dallo spiacevole incontro con il parassita e la cura per debellare la malattia!
Cos’è la Leishmaniosi umana? Caratteristiche e modalità di contagio.
La Leishmaniosi umana, variante meno frequente e conosciuta di quella animale, è una malattia causata da parassiti del genere Leishmania e trasmessa da insetti piccoli e cattivi dal nome simpatico: i Pappataci (o flebotomi).
La caratteristica di questi ultimi è appunto quella di nutrirsi in silenzio, quindi “pappare e tacere”, ma a parte il nome, non hanno nient’altro di simpatico! Non sono zanzare, alle quali somigliano molto, sono invece moscerini piccoli, insidiosi e particolarmente molesti che possono veicolare la malattia sull’uomo, sul cane e su altri piccoli mammiferi, con meccanismi di trasmissione molto complessi che cercheremo di spiegare.
Innanzitutto, la Leishmaniosi non viene trasmessa dal contatto diretto tra individui infetti. Infatti, l’insetto contrae il parassita attraverso il sangue di un mammifero infetto, in seguito punge altri individui ospiti, infettandoli a loro volta. Per questo, il ciclo vitale del parassita necessita sia dell’apparato intestinale dell’insetto che del sangue dei mammiferi. Cosa accade di preciso?
Ecco le fasi principali del contagio:
- La femmina infetta di mosca del deserto (Glossima inietta i suoi agguerriti Promastigoti, cioè i parassiti infettanti, nel circolo sanguigno del povero malcapitato. La presenza dei promastigoti scatena il pronto intervento dei macrofagi (cellule che inghiottono le particelle estranee) in prossimità della puntura, i quali, ligi al dovere, ripuliscono il tutto fagocitando gli indesiderati ospiti.
- Proprio all’interno dei macrofagi, il parassita riesce a passare dalla forma di promastigote a quella di Amastigote. Dopo essersi presi gioco delle difese immunitarie dell’ospite, gli amastigoti si moltiplicano e infettano vari tessuti, dando inizio alla manifestazione della malattia vera e propria.
- La mosca era stata infettata, a sua volta, ingerendo i macrofagi infetti da amastigoti dal pasto precedente. Il parassita, differenziatosi in promastigote negli organi interni della mosca, si moltiplica e migra verso la proboscide dell’insetto… pronto per infettare un nuovo ospite alla successiva puntura!
Per avere un quadro più completo della situazione, cominciamo a dare qualche informazione sul parassita Leishmania.
Sai com’è fatto e in che modo agisce?
Conosciamo meglio il temibile parassita! Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, il responsabile della Leishmaniosi è il parassita di genere Leishmania che, durante il contagio, si presenta in due forme, l’una derivante dall’altra. In cosa differiscono, però, tali forme? Principalmente:
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Quali sono i fattori di rischio per la Leishmaniosi?
La Leishmaniosi è presente in aree geografiche molto vaste ma ben delimitate, infatti le uniche zone immuni dalla malattia sono l’Australia e le isole del Pacifico. I pappataci risultano più attivi dal tramonto all’alba, mentre di solito nelle ore più calde della giornata attaccano solo se disturbati. Quindi, il momento peggiore è la notte!
E le modalità di contagio? Abbiamo già spiegato che l’infezione è veicolata molto spesso dalla mosca del deserto, ma esistono anche dei casi di trasmissione congenita tra madre e figlio, attraverso trasfusioni di sangue o uso di aghi infetti.
I soggetti, infine, presso cui è maggiore l’incidenza della malattia sono gli immunocompromessi, i quali non riescono a contrastare l’infezione a causa del cattivo funzionamento del sistema immunitario.
Tipologie della malattia.
Di Leishmaniosi non ce n’è una sola! Anzi, esistono forme più o meno gravi della malattia che vanno da quelle cutanee a quelle dette viscerali. Più di venti tra specie e sottospecie del parassita, infatti, infettano l’uomo ed ognuna di queste provoca uno spettro di sintomi differente. Non è possibile distinguere morfologicamente le varie specie, ma per questo scopo possono essere effettuate analisi con isoenzimi, metodi molecolari e anticorpi monoclonali.
Il morso del pappatacio arriva in piena estate ma, per non farsi dimenticare neppure nella stagione fredda, la malattia si manifesta da ottobre a gennaio!
Per la maggior parte, il parassita della Leishmania è in grado di infettare diversi piccoli mammiferi che fungono da serbatoio. Poi le mosche, come abbiamo visto, nutrendosi del sangue di questi animali, amplificano notevolmente le possibilità di infettarsi e diffondere la malattia nell’uomo.
Quali sono i sintomi della Leishmaniosi cutanea?
Questa forma si presenta con una o più ulcere sulla pelle che si sviluppano anche dopo alcuni mesi dal contagio e possono modificarsi col tempo, assumendo la struttura di un piccolo cratere centrale con i margini rialzati.
In corrispondenza delle zone colpite appare anche un rigonfiamento dei linfonodi: ad esempio, se ci sono lesioni sull’arto destro, si notano linfonodi ingrossati nell’ascella destra.
La Leishmaniosi cutanea, che interessa pelle e mucose, può guarire spontaneamente senza alcuna terapia. Nei casi più insidiosi possono volerci mesi o addirittura anni, ma nella peggiore delle ipotesi non resta che qualche brutta cicatrice! Inoltre, i soggetti colpiti vengono immunizzati per successive infezioni.
Manifestazione e cura della Leishmaniosi viscerale (Kala-azar).
Questa forma può manifestarsi anche a distanza di anni dal morso infetto e causa una diminuizione delle componenti del sangue (leucopenia, trombocitopenia, anemia, ipoalbuminemia) con conseguente febbre, dimagrimento, ingrossamento di fegato, milza e linfonodi. Visti i lunghi tempi di incubazione, è sempre bene far presente al medico di aver viaggiato in zone a rischio per facilitarne la diagnosi.
La Leishmaniosi viscerale, se non curata adeguatamente, può avere esito infausto. L’inizio della malattia può essere graduale o improvviso. Nel primo caso avviene semplicemente una tumefazione della milza e la diagnosi è molto complessa. Solitamente, tuttavia, si hanno manifestazioni improvvise: febbre, vomito, anoressia, astenia e anemia. La febbre può durare o scomparire per giorni o settimane, possono manifestarsi diarrea, tosse, emorragie. Può, inoltre, aumentare il volume di milza, fegato e linfonodi.
Se la malattia viene superata, il quadro clinico non appare eccessivamente compromesso e lascia anche un’immunità permanente alla patologia.
I farmaci d’elezione per la cura sono stati per lungo tempo l’antimonio pentavalente per via muscolare o endovenosa e l’antimoniato di metilglumina (conosciuto come Glucantim), che presentavano però numerosi effetti collaterali. Attualmente si utilizza amfotericina B associata a liposomi, cura che risulta essere molto ben tollerata.
Quali sono i metodi per la diagnosi di questa patologia nell’uomo?
Sebbene la Leishmaniosi sia una zoonosi, ossia una patologia trasmissibile all’uomo, è pur vero che fondamentalmente è una malattia rara e, se opportunamente diagnosticata, conduce alla guarigione completa. Si tratta di una condizione prevenibile, diagnosticabile e facilmente curabile, ma ovviamente non si può fare lo stesso discorso per tutti quegli Stati del Medio Oriente, dell’Africa e del Sud America dove le condizioni di povertà e igiene sono completamente diverse da quelle dei Paesi industrializzati. Se nel nostro Paese si può parlare di pochi casi isolati sull’uomo, nel mondo si contano ben due milioni di contagi all’anno nelle aree disagiate!
Per la diagnosi sono disponibili diversi metodi. Con un semplice prelievo del sangue si possono ricercare gli anticorpi prodotti in risposta al parassita o direttamente il parassita. In alcuni casi, gli esami risultano negativi anche se l’individuo ha contratto la malattia, per cui si procede ad esaminare campioni di tessuto prelevati dalle ulcere cutanee con analisi più approfondite. Tra queste:
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L’esame citodiagnostico, il più semplice da eseguire, prevede che la crosta cutanea sia asportata e spremuta, poi il materiale ricavato viene strisciato su vetrino, colorato ed osservato al microscopio. Anche questo metodo, però, mostra frequentemente risultati negativi, soprattutto nelle forme croniche o in fase tardiva, e necessita all’occorrenza di ulteriori indagini.
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L’esame istologico su biopsia cutanea mostra la fase iniziale di un processo infiammatorio oppure, nelle forme cronicizzate, si può visualizzare una reazione granulomatosa aspecifica.
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L’esame colturale di cute o midollo su terreno di Novy-McNeal-Nicolle e l’analisi elettroforetica degli isoenzimi, che permettono di isolare e identificare il parassita.
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Di recente, si è aggiunta agli esami diagnostici convenzionali la PCR su ago aspirato splenico e midollare, che consente di ottenere in tempi più brevi ed in modo più accurato tutte le informazioni relative al parassita.
Tecniche ed esami per diagnosticare la Leishmaniosi. In campo medico, si sa, capita spesso di imbattersi in termini o definizioni poco conosciuti dai non addetti ai lavori. Per quanto riguarda la diagnosi della Leishmaniosi, proviamo a chiarire alcuni punti del paragrafo precedente:
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Esiste la prevenzione per l’infezione da Leishmania?
Se i metodi per diagnosticare la malattia sono diversi, non si può dire lo stesso per la prevenzione. Attualmente, infatti, non esistono misure preventive particolarmente efficaci, occorre solo un minimo di buon senso per evitare di esporsi a situazioni di rischio.
Di recente è stato immesso sul mercato una sorta di vaccino per la Leishmaniosi del cane, ma non si tratta di una vaccinazione a tutti gli effetti, semmai di un sistema per aumentare la risposta immunologica che in qualche modo riduce la possibilità di contagio. Dell’efficacia reale di questo farmaco non si hanno, però, dei dati statisticamente rilevanti e non esiste un analogo per la variante umana.
Non c’è nulla che si possa fare, allora? Non è proprio così, per fortuna! I seguenti accorgimenti rappresentano, allo stato attuale, la migliore strategia di prevenzione:
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Ricorrere a dei repellenti per insetti se si è all’aperto nelle ore di maggiore attività dei pappataci.
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Usare zanzariere.
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Informarsi dettagliatamente prima di intraprendere viaggi in zone a forte incidenza.
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