Lesione e rottura del menisco: sintomi, terapia ed operazione
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La lesione del menisco è uno dei traumi più frequenti che colpiscono il ginocchio. Analizziamone sintomi, diagnosi e possibilità terapeutiche, approfondendone prima i dettagli anatomici, avendo questi un’importante influenza nei risultati riabilitativi.
Menisco lesionato o menisco rotto: qual è la differenza?
E’ molto importante distinguere tra menisco lesionato e menisco rotto in quanto le diverse condizioni influiscono su prognosi e terapia.
Un menisco lesionato è ancora in grado di ammortizzare carichi e shock se ne è rimasta intatta la parte più esterna. Inoltre è possibile evitare l’intervento chirurgico quando tale lesione è stabile e localizzata nella porzione più vascolarizzata della struttura. Un quadricipite forte è, infatti, in grado di ovviare al deficit del menisco e di altri legamenti stabilizzando il ginocchio.
Il menisco rotto, che spesso rappresenta il peggioramento di una lesione preesistente, non può sfuggire all'intervento chirurgico in quanto non è più in grado di ottemperare alla sua funzione.
Cosa sono i menischi?
I menischi sono dei cuscinetti di fibrocartilagine a forma di mezzaluna.
Le loro funzioni sono:
- aumentare la profondità della cavità glenoidea per migliorare la congruenza tra i capi ossei,
- assorbire gli shock,
- ammortizzare il carico sull'articolazione del ginocchio.
In sezione hanno un aspetto a cuneo in quanto la parte esterna è più spessa mentre quella interna più sottile.
I due menischi sono uniti anteriormente dal legamento trasverso del ginocchio (che consente loro di spostarsi insieme durante i vari movimenti dell’articolazione) e le estremità, dette “corni”, si fissano nelle aree intercondiloidee anteriori e posteriori della tibia.
I due menischi del ginocchio vengono distinti, per la loro posizione, come “menisco laterale” e “menisco mediale”.
- Menisco laterale. Si trova sul versante esterno dell’articolazione ed è più piccolo e più mobile di quello mediale essendo debolmente ancorato alle fibre della capsula articolare. Le sue estremità sono molto ravvicinate facendogli assumere l’aspetto di una “O”.
- Menisco mediale. Essendo questo stabilmente ancorato alla capsula articolare e al legamento collaterale mediale risulta meno mobile del laterale ed assume la tipica forma di una “C”.
Tipi e gradi delle lesioni.
Esistono diverse classificazioni della lesione e rottura dei menischi. Alcune prendono in considerazione l’andamento della rima di lesione, altre l’aspetto stesso della lesione ed altre ancora di basano sui rilievi della Risonanza Magnetica.
Classificazione artroscopica: andamento della rima di lesione.
Secondo questa classificazione rintracciamo tre fondamentali tipi di lesione meniscale:
- Lesioni longitudinali. Interessano più comunemente il corno posteriore del menisco interno nella porzione più periferica. Può avere una direzione verticale o obliqua rispetto alla superficie articolare e può interessare il versante femorale, quello tibiale o entrambi. Solitamente è associato alla lesione del legamento crociato anteriore.
- Lesioni radiali. Iniziano lungo il bordo interno del menisco e lo attraversano completamente o parzialmente. Sono più comuni nel menisco laterale.
- Lesioni orizzontali. Derivano da una rottura nella parte più profonda del menisco arrivando a separarlo in due “strati”, uno superiore ed uno inferiore.
Classificazione in base all'aspetto della lesione:
- Lesione a “manico di secchio”. Rappresenta un peggioramento della lesione longitudinale con il distacco di un margine del menisco.
- Lesione a “becco di pappagallo”. Può essere, questa, l’evoluzione di una lesione radiale non trattata.
- Lesione di tipo flap. Rappresenta il peggioramento della lesione orizzontale e può provocare la lussazione di una porzione di menisco.
I gradi della lesione in base ai rilievi della RM:
- I grado. Indica la presenza di piccole zone di degenerazione nella parte più centrale della fibrocartilagine.
- II grado. Rappresenta l’evoluzione o l’estensione dei fenomeni nel grado I senza un interessamento del versante articolare della lesione.
- III grado. Questo è il grado di lesione più significativo con l’interessamento di almeno un versante articolare del menisco.
Le cause: come fa a rompersi la cartilagine?
I meccanismi di lesione del menisco sono fondamentalmente due: quello degenerativo e quello traumatico.
Il primo caso riguarda specialmente persone di età medio-avanzata ed è determinato da sollecitazioni solitamente innocue su un menisco sano. Esso si sfrangia (risultando assottigliato) e poi si fissura a causa del tessuto indebolito per la carenza di apporto nutritivo dal liquido sinoviale.
Per quanto riguarda la lesione traumatica (distorsiva) avviene solitamente in seguito a violenta rotazione del femore sulla tibia, con il piede piantato a terra e il ginocchio leggermente flesso.
Quali sono gli sport più a rischio?
Siamo abituati a pensare che siano i calciatori gli atleti più esposti alle lesioni meniscali, ma non è del tutto così. Guardate, infatti, nella tabella seguente quali altri sport sono considerati ad alto rischio.
Corsa:
- Le lesioni più comuni sono quelle su base degenerativa, e quindi da usura dell’articolazione (specialmente nelle persone di età medio-avanzata per maggiore diffusione dell’artrosi),
- Sono predisposti i corridori con ginocchia valghe o vare e con lassità del legamento crociato anteriore.
- Un quadricipite forte e ben allenato può diminuire il rischio.
Ciclismo:
Le lesioni sono dovute ad:
- errate impostazioni del mezzo meccanico,
- scarso allenamento,
- muscoli poco sviluppati collaborano nel sollecitare il menisco.
Importante è modificare l’impostazione della sella che migliora l’asse ginocchio-pedale, ma anche ottimizzare la posizione del piede sul pedale e indossare calzature adatte.
Sci:
- Essere principianti e non farsi seguire da un istruttore aumenta il rischio del 50%, come utilizzare attrezzatura inadeguata.
Fornirsi di attacchi a rapido rilascio e scarponi adatti al singolo sciatore limitano il rischio insieme alla scelta di una pista adeguata al livello di preparazione.
Sintomi del menisco lesionato o rotto.
La comparsa di un dolore intenso in sede articolare è il primo campanello d’allarme: se a lesionarsi è menisco mediale il dolore sarà localizzato sul versante interno del ginocchio, se è quello laterale allora il dolore sarà presente più esternamente.
Puoi approfondire le altre possibili cause di dolore al ginocchio.
In seguito al dolore entra in scena un certo gonfiore, segno di versamento articolare e processo infiammatorio in atto.
A causa di frammenti di menisco che ingombrano lo spazio articolare compromettendone la flesso-estensione possiamo anche avere blocco articolare o cedimento. Questo è il caso di lesioni molto estese con rottura di una porzione della struttura.
Alla mobilizzazione del ginocchio è spesso presente un certo scricchiolio.
Nelle lesioni di tipo degenerativo la sintomatologia è più subdola, infatti, il dolore compare solamente se il ginocchio è sollecitato e di rado si presenta il gonfiore articolare.
Come avviene la diagnosi?
La diagnosi è prima di tutto clinica e dunque avviene secondo specifiche manovre ortopediche.
Solitamente la presenza di dolore sul lato interno del ginocchio in iperflessione, iperestensione e extrarotazione, a ginocchio flesso di 90°, è segno di lesione al menisco mediale.
Mentre la comparsa di dolore in iperflessione o rotazione interna di gamba con ginocchio flesso tra 70° e 90° è segno di lesione del menisco laterale.
A tutto ciò si aggiunge la valutazione della forza (in perdita) e l’osservazione del quadricipite (ipotrofico, ossia perde volume).
Per quanto riguarda, invece, la diagnosi strumentale, è effettuata tramite Risonanza Magnetica. Questa spesso può confondere l’alterazione degenerativa con la lesione traumatica vera e propria, per questo il ruolo dell’ortopedico è imprescindibile.
L'artroscopia è il metodo più sicuro per confermare la diagnosi di lesione del menisco, ma è un piccolo intervento chirurgico.
Qual è la terapia in caso di lesione o rottura del menisco?
Come in qualsiasi altro tipo di lesione la terapia dipende da diversi fattori, in particolare l’età e il livello di attività del paziente, ma anche la sede e la natura della lesione.
In quali casi si ricorre alla chirurgia e in quali questa non è necessaria?
La terapia conservativa.
Innanzitutto la chirurgia non è sempre la soluzione, infatti, vi sono dei casi in cui il paziente muovendo attivamente il ginocchio può liberarlo dal blocco, questo talvolta succede anche spontaneamente.
Il primo trattamento della lesione del menisco è il protocollo RICE che consiste in:
- Rest: riposo,
- Ice: ghiaccio,
- Compression: compressione,
- Elevation: elevazione.
Sull'arto a riposo e leggermente alzato viene applicato del ghiaccio per circa 24 ore per alleviare dolore e gonfiore.
Per alleviare il dolore è possibile assumere degli antinfiammatori non steroidei.
Tecnica manipolativa.
Naturalmente l’articolazione può venire sbloccata anche tramite una tecnica manipolativa, ad esempio nel caso di un blocco articolare da rottura del menisco interno lo specialista può ridurre il blocco in questo modo:
- il paziente è in posizione supina,
- si flette passivamente ginocchio ed anca,
- si ruota internamente ed esternamente la tibia,
- quando il ginocchio è completamente flesso si extraruota la tibia,
- infine si porta il ginocchio in estensione e in valgo.
Dopo questa manovra può accadere che il ginocchio reagisca come in presenza di una lesione acuta, dunque la riabilitazione verterà principalmente sul recuperò della mobilità dell’articolazione.
Trattamento chirurgico.
Il trattamento chirurgico può rivelarsi necessario nei casi di lesione importante o quando il trattamento conservativo fallisce.
Le opzioni chirurgiche sono tre: meniscectomia parziale e riparazione meniscale sono le più comuni, mentre si ricorre più raramente alla meniscectomia totale.
- Meniscectomia parziale: viene scelta nei casi di lacerazioni complesse con presenza di frammenti e nei casi di lacerazione della porzione centrale del menisco.
- Riparazione meniscale: è la terapia d’elezione nei casi di lacerazione della porzione più esterna del menisco, ma recentemente è sempre più sfruttata nei casi di lacerazione della porzione più interna in pazienti giovani o meno giovani ma attivi fisicamente.
- Meniscectomia totale: ormai viene utilizzata solo nei casi di lesioni estese alla maggior parte del menisco o comunque nei casi in cui il menisco non è salvabile.
Nei pazienti giovani o fisicamente attivi che rimangono sintomatici in seguito a meniscectomia totale si propone la possibilità del trapianto di menisco.
Meniscectomia parziale.
Questa rappresenta la scelta chirurgica nei casi di lacerazione con presenza di dolore e blocco in pazienti anziani e non fisicamente attivi, lacerazione che si estende alla porzione centrale del menisco (se giudicata non riparabile all'esame artroscopico) e lacerazione della porzione più interna (non vascolarizzata).
La procedura (artroscopica e di solito ambulatoriale) si articola nelle seguenti fasi:
- Anestesia locale.
- Creazione di tre portali: si fanno delle piccole incisioni e attraverso una di queste viene iniettata la soluzione fisiologica per la distensione dell’articolazione.
- Identificazione della porzione lacerata del menisco e asportazione.
- “Pulizia” dell’articolazione attraverso la rimozione di detriti.
- Drenaggio del ginocchio.
- Chiusura delle incisioni cutanee e applicazione della medicazione compressiva.
La riparazione meniscale.
Come abbiamo già precedentemente affermato questo tipo di trattamento chirurgico è indicato nei casi di lesione della porzione esterna del menisco e nelle lesioni della porzione centrale in pazienti giovani o attivi fisicamente, per questo è anche il metodo più comune, ma vediamo quali sono le fasi che lo caratterizzano:
- Esame artroscopico, prima di cominciare l’articolazione viene esplorata per verificare che il menisco sia riparabile e se vi siano lesioni associate (ad esempio quella del legamento crociato anteriore).
- Approccio della riparazione, solitamente si utilizza quello aperto con assistenza artroscopica, oppure quello completamente artroscopico. Naturalmente l’approccio aperto limita la possibilità di errore ma è più invasivo.
- Rimozione dei frammenti instabili di tessuto all'interno dell’articolazione.
- Avvicinamento dei bordi di lacerazione bloccati con punti di sutura ogni 3-4 mm per assicurare la chiusura completa.
- Chiusura, questa viene effettuata tramite diverse tecniche di sutura con fili non assorbibili o bioassorbibili.
- Medicazione compressiva per il controllo del versamento e immobilizzazione.
Nonostante l’età del paziente sia considerata un fattore che influenza la scelta dell’approccio e i risultati, è stata dimostrata un’alta percentuale di successi (da uno studio di Noyes e colleghi) nella riparazione di danni della porzione centrale del menisco in pazienti di 40 anni e più di età.
Meniscectomia totale.
Questa tecnica, ormai caduta in disuso, consiste nella semplice asportazione totale del menisco lesionato.
Sono ben note le conseguenze cliniche di questa procedura, la quale sembra possa aggravare ulteriormente la situazione. Pare, infatti, che ci sia un miglioramento della condizione che dura solo per pochi mesi, seguiti da un netto peggioramento dovuto alla totale assenza del menisco che comporta:
- riduzione importante della superficie articolare,
- aumento dello stress da carico sul menisco controlaterale ancora presente,
- diffusione dell’artrosi precoce, specialmente se si è predisposti a causa di allineamenti anatomici che lo favoriscono (ginocchia valghe o vare).
Per questo motivo negli ultimi anni sta aumentando la diffusione delle tecniche di impianto di menischi artificiali o il trapianto di quelli umani.
Ma cosa accade dopo la chirurgia e quali sono i tempi di recupero?
La riabilitazione: in quanto tempo si ritorna all'attività?
Questa è una fase molto importante la cui progressione è influenzata dal tipo di lesione (se questa si trova nella porzione più esterna del menisco la riabilitazione sarà più rapida) e dall'allineamento anatomico del ginocchio (sì, in pratica se avete le gambe storte potreste avere qualche problemino in più!!!).
Approfondisci gli esercizi di riabilitazione del ginocchio.
La riabilitazione fisioterapica in seguito a riparazione consta di varie fasi:
Fase I: (prime 4 settimane)
Il ginocchio presenta dolore e versamento.
- L’articolazione è protetta con tutore da portare di giorno e di notte e bloccato in estensione.
- Viene applicato freddo e compressione contro dolore e versamento (spesso è anche adottata la terapia farmacologica con voltaren),
- La deambulazione viene assistita con grucce con carico parziale del peso sul ginocchio,
- Sono consigliati esercizi di movimento passivo continuo e flessione facilitata dalla posizione seduta ed esercizi di attivazione del quadricipite con movimenti attivi assistiti dal terapista.
Gli obiettivi da raggiungere in questa prima fase sono:
- riduzione di dolore e versamento,
- recupero del range di movimento, dell’articolazione,
- prevenire limitazioni della rotula,
- controllo della muscolatura,
- ripristino stabilità posturale,
- miglioramento di forza e flessibilità di anca e caviglia.
Fase II (dalla IV all’VIII o X settimana).
Versamento e dolore sono minimi. Il ginocchio può estendersi completamente e flettere fino a 120°
- in presenza di controllo adeguato del ginocchio (in particolare da parte dei muscoli estensori) si sospende l’uso del tutore,
- se vi è difficoltà nel recupero di una mobilità normale si prosegue con esercizi di stretching,
- si persegue il rinforzo muscolare con l’uso di cyclette a resistenza lieve e esercizi con resistenza elastica (il rinforzo prosegue anche per anca e caviglia),
- viene iniziata un' attività di disturbo dell’equilibrio (ad es. salita e discesa delle scale).
Gli obiettivi da raggiungere in questa fase sono:
- ripristino della mobilità normale del ginocchio,
- miglioramento di flessibilità forza e resistenza di tutto l’arto inferiore, ristabilire il controllo dell’equilibrio.
Fase III (tra la IX e la XII settimana).
Non c’è dolore o versamento, il range articolare dovrebbe essere pieno e la forza muscolare al 60-80%.
- si eseguono esercizi che simulino le attività funzionali,
- aumento di durata e intensità degli esercizi che aumentano la potenza muscolare,
- dopo circa 5-6 mesi si passa da un programma basato sul cammino ad uno basato sulla corsa (nel caso degli sportivi).
Gli obiettivi da raggiungere sono:
- preparazione al ritorno alle attività funzionali,
- istruzione del paziente nella scelta di attività che non sforzino il menisco riparato.
I processi riabilitativi sono percorsi molto lunghi che richiedono al paziente un impegno totale e, specialmente nelle prime fasi, la sopportazione del dolore.