Pacemaker cardiaco: intervento di impianto, rischi e tipi (monocamerale, bicamerale, tricamerale)

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Cosa è un pacemaker cardiaco? Come si svolge l’intervento di impianto e quali sono i rischi? Approfondiamo le tipologie di dispositivi (monocamerale, bicamerale o tricamerale) e le patologie che necessitano di un pacemaker esterno che agisca al posto di quello naturale.

Che cosa è un pacemaker?

Il pacemaker artificiale è un dispositivo elettromedicale delle dimensioni di pochi centimetri (6 o 7) che emette degli impulsi elettrici in grado di stimolare/regolare il battito cardiaco.

Esso viene impiantato quando il sistema di conduzione elettrica del muscolo cardiaco deputato a tale funzione (nodo del seno), non è più in grado di assicurare il fisiologico funzionamento.

Frequenze cardiache troppo basse, ma anche troppo elevate, non sono in grado di assicurare la corretta gittata ematica nei tessuti con i gravi problemi che ne conseguono.

Il pacemaker è costituito da una circuiteria elettronica alimentata da una batteria che è racchiusa in maniera ermetica in una scatola di titanio, e viene posizionato sotto pelle nel torace, in vicinanza del cuore, con un semplice e veloce intervento chirurgico.

Gli impulsi generati dall'apparecchiatura devono però essere applicati all'interno delle cavità cardiache e pertanto è dotato di fili, che con linguaggio specialistico, vengono chiamati elettrocateteri.

I pacemaker possono essere utilizzati per un periodo transitorio se occorre stabilizzare il battito cardiaco dopo un evento traumatico, come può essere un infarto, o, in maniera permanente, se il cuore non è più in grado di recuperare la fisiologica frequenza.

La ragione più comune per cui si rende necessario l’impianto di un pacemaker esterno è una bradiaritmia del ritmo cardiaco, ossia una anomalia che altera il fisiologico ritmo con cui il cuore si contrae e rilascia abbassandone la frequenza, processo che determina una riduzione della gittata del sangue e conseguentemente della corretta ossigenazione dei tessuti, ma i motivi (patologici) per cui si fa ricorso all'impianto sono svariati, come vedremo di seguito.

Approfondisci le cause ed i rischi della bradicardia per cui il numero dei battiti cardiaci sono inferiore al valore fisiologico.

Come è fatto il dispositivo?

Il primo modello di pacemaker risale al 1950, e fu un’ invenzione del medico canadese John Hopps. Da quel momento ovviamente, col progredire della tecnologia, l’apparecchiatura è considerevolmente cambiata. Proviamo a fornirne una semplice descrizione senza entrare in complicati dettagli tecnici. Il pacemaker è costituito essenzialmente da tre parti distinte:

Un generatore di impulsi elettrici.

Attualmente questa parte è costituita sostanzialmente da un microprocessore, pertanto programmabile.

I primi pacemaker che furono costruiti servivano a curare una precisa tipologia di sincope causata da insufficiente afflusso di sangue al cervello e generavano continuamente un impulso elettrico (una tensione compresa tra i 5 e gli 8 volt) alla frequenza di 70 battiti al minuto.

Allo stato attuale i pacemaker con appositi sensori sono in grado di monitorare e rilevare i segnali elettrici atriali e ventricolari ed anche una serie di altri parametri: come possono essere tasso di respirazione e movimento del corpo. Pertanto sono in grado di intervenire solo se necessario ed inoltre rispondono alle esigenze del corpo in maniera opportuna. Sono così in grado di variare la frequenza del battito cardiaco aumentandola in caso di necessità come avviene durante le attività fisiche impegnative.

Una batteria.

Le moderne batterie sono del tipo di quelle a iodio-litio con notevole durata e vanno controllate regolarmente e sostituite.La durata della batteria che alimenta il generatore non è quantizzabile a priori ma dipende da come e per quanto tempo il generatore deve intervenire comunque generalmente varia tra i 10 ed i 15 anni.

Il tutto, generatore e batteria, è racchiuso ermeticamente in una scatola di titanio di dimensioni di un accendino 7x6x1 centimetri avente un peso di circa 20 grammi.

Un numero di fili elettrici variabile da 1 a 3.

Come già detto questi fili (uno, due o tre a secondo del tipo di pacemaker) sono chiamati elettrocateteri ed attraverso una vena o arteria vengono collocati nelle camere cardiache che devono stimolare alla contrazione.

Essi si dipartono dalla scatola e vengono fatti scorrere, fino al raggiungimento delle cavità del cuore, attraverso l’arteria succlavia destra (arteria del torace posizionata al di sotto della clavicola) o attraverso la vena anonima (posizionata nel collo) che sfocia nella vena cava superiore. Il tutto ovviamente viene effettuato, come ogni tecnica di cateterismo cardiaco, sotto controllo radiologico.

Tipologie: monocamerali, bicamerali e tricamerali.

I diversi tipi di pacemaker artificiali possono distinguersi in base al numero di elettrodi che vengono connessi al cuore, per cui avremo:

La tipologia di un pacemaker è individuata da una sequenza di 5 lettere e precisamente:

Condizioni patologiche per cui è indicato l’impianto di un pacemaker.

Le più comuni sono:

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Intervento: come viene impiantato il dispositivo?

L’intervento necessario per installare l’apparecchiatura che, come si è già detto, è di piccola entità, è ben tollerato anche da soggetti anziani ed in precarie condizioni di salute.

La scatola che è di piccole dimensioni e in titanio, materiale biocompatibile, viene inserita in anestesia locale in una tasca di pelle ricavata nel torce vicino alla clavicola.

Di norma l’intervento ha la durata di circa una ora. Il paziente viene poi tenuto in osservazione una notte in ospedale e le sue attività cardiache vengono monitorate per assicurarsi del corretto funzionamento del dispositivo.

L’intervento di sostituzione della batteria è di norma più semplice dell’impianto.

Il decorso post operatorio.

In condizioni di normalità il giorno successivo il paziente viene dimesso e dopo pochi giorni può ritornare alle normali attività. Per la ripresa completa con possibilità di potersi impegnare anche in sforzi fisici pesanti bisognerà attendere 15/30 giorni dall'impianto.

Il medico dovrà comunque controllare ad intervalli regolari, solitamente con cadenza trimestrale, il buon funzionamento dell’apparecchiatura.

Esistono moderni pacemaker per cui è possibile effettuare in remoto il controllo utilizzando un telefono cellulare. Detti pacemaker, infatti, possono trasmettere una serie di dati in merito al loro corretto funzionamento ed a quello del muscolo cardiaco. E’ possibile infatti rilevare in remoto con un cellulare parametri come: frequenza cardiaca, andamento del ritmo del cuore, batteria residua,etc.

Rischi e complicanze correlati all'intervento di impianto.

Le possibili complicanze sono:

Precauzioni che i portatori di pacemaker devono prendere.

Alcune attrezzature elettriche ed elettroniche possono interferire con il pacemaker compromettendone il corretto funzionamento. Le più comuni sono:

I nuovi sistemi di pacemaker hanno quasi completamente eliminato tali rischi di interferenze, tuttavia vi sono ancora strumenti che possono interferire quali i macchinari usati per la risonanza magnetica.

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