Protesi anca
Quali sono le tipologie di protesi all'anca adatte alle diverse età e patologie? Quali i tipi di intervento più o meno invasivi,e quali possibili complicanze? Approfondiamo il tema.
La protesi dell'anca è un'articolazione artificiale che sostituisce, in particolari condizioni, l'articolazione ossea degenerata. L'intervento di impianto della protesi dell'anca viene preso in considerazione non solo in alcuni casi di frattura del collo del femore, ma anche in casi gravi di coxartrosi quando la terapia farmacologica non dà più alcun effetto e la qualità di vita di un paziente ancora giovane viene compromessa. Ma quando vale veramente la pena di sottoporsi ad un intervento che purtroppo non è risolutivo? Le protesi oggi in commercio hanno una vita limitata e vanno sostituite, è quindi fondamentale approfondire il tema in tutti i suoi aspetti per fare una scelta consapevole.
Prima di inoltrarci in tali dettagliate e complesse argomentazioni forniamo una panoramica sintetica dei pro ed i contro dell’intervento di artroplastica.
Vantaggi dell’impianto di una protesi dell’anca. | Svantaggi dell’intervento di artroplastica. |
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Come funziona la protesi dell’anca?
La protesi dell’anca è, come detto, una articolazione artificiale che in talune condizioni o in seguito ad alcune malattie, deve, con un intervento chirurgico, essere impiantata al posto di quella naturale irrimediabilmente compromessa. Per capire il meccanismo di una protesi dell’anca e quindi le tipologie disponibili, di cui parleremo di seguito, è necessario chiarire cosa è l’articolazione dell’anca.
L’articolazione dell’anca o anche articolazione coxo femorale unisce il femore all'anca che è composta dalla fusione delle tre ossa del bacino: ileo, ischio ed osso pubico. La testa sferica del femore è allocata nella cavità acetabolare, a forma di C, dell’anca. L’articolazione che ne risulta è stabilizzata da una robusta capsula articolare fibrosa che racchiude le teste ossee e da ben 5 legamenti: il rotondo, l’ileo femorale, l’ischio femorale, il pube femorale e l'acetabolare trasverso. La capsula fibrosa è ricoperta internamente da una membrana sinoviale, che secerne il liquido omonimo, il quale funge da lubrificante e nutrimento per l’articolazione. Questa articolazione consente i vari movimenti di flessione, rotazione, estensione ecc. Quando il complesso meccanismo si inceppa è necessario sostituire la parte danneggiata con una artificiale.
Una protesi dell’anca è di norma composta come quella fisiologica da due parti: una acetabolare ed una femorale, ossia di una parte che va a sostituire l’acetabolo nell'anca, l’alloggiamento in cui si inserisce la testa del femore, ed una parte che viene inserita nel femore che perciò deve essere opportunamente resecato. La resezione del femore può riguardare la sola testa, e quindi il collo rimane intatto, o testa e collo ed allora si taglia l’osso nella sua parte distale. La protesi femorale è perciò costituita da uno stelo che viene inserito nella teca del femore segato da cui si diparte la sola testa sferica o collo e testa, a seconda di come si è deciso di troncare l’osso.
Tipologie delle protesi dell’anca.
In funzione di quanto detto e delle loro caratteristiche è possibile classificare le protesi dell’anca in tre grosse tipologie:
Protesi di rivestimento. | Sono le meno invasive. Il loro impianto richiede infatti una rimozione minima di tessuto osseo sia nella cavità acetabolare che sul femore di cui si conserva quasi totalmente la testa e la si riveste solo con una calotta che si ancora all'osso con un perno. Analogamente si procede per l’acetabolo. |
Protesi a stelo corto. | Tale protesi per poter essere impiantata richiede invece che venga segata la testa femorale in quanto essa stessa è una testa femorale artificiale. Testa che si articola in un acetabolo protesico (che viene incastrato nell'acetabolo fisiologico opportunamente trattato) e che termina con un corto stelo che si introduce nel collo femorale. |
Protesi classica. | Richiede il sacrificio di acetabolo ed anche di testa e collo del femore per poter essere impiantata. Questa tipologia di protesi può anche essere realizzata in maniera modulare con le varie parti che la compongono disassemblabili. |
Quali caratteristiche deve avere una protesi di qualità.
Da quanto detto è evidente che passando dalla prima alla ultima dei tre tipologie di protesi l’invasività dell’intervento aumenta notevolmente. Comunque, qualunque sia la tipologia di protesi dell’anca che si adotta, essa deve comunque possedere le seguenti peculiarità:
Essere costituita da materiali bio compatibili. La protesi infatti verrà ospitata nei tessuti del corpo e pertanto dovrà essere fatta con elementi che non ne provochino reazioni avverse e tali da essere inglobati da muscoli ed ossa.
Consentire tutti i movimenti dell’articolazione naturale. Condizione indispensabile affinché a guarigione avvenuta il paziente riacquisti la piena funzionalità dell’arto.
Possedere una adeguata resistenza meccanica. Resistenza necessaria per sostenere per un periodo abbastanza lungo (si calcola minimo 10-15 anni) tutte le possibili sollecitazioni a cui i movimenti del corpo la sottopongono. E' stato valutato che nell'arco di dieci anni un individuo con una attività non particolarmente frenetica sottopone l’articolazione dell’anca ad oltre dieci milioni di sequenze di carico.
Risultare stabile. Le interfacce dell’articolazione non devono dislocarsi, sia nell'immediato (con i tessuti che non hanno ancora inglobato la protesi) che nel tempo (quando i tessuti accrescendosi l’hanno completamente inglobata).
Essere costituite da materiali tali da resistere all'usura per attrito a cui lo snodo articolare è sottoposto nelle continue rotazioni.
Attenzione: Le protesi delle anche in commercio sono ovviamente prodotte da grandi colossi del settore biomedicale che hanno impegnato grandissime risorse per il loro continuo miglioramento. Inoltre i materiali commercializzati sono rigidamente controllati dagli organismi di tutela internazionali deputati alla bisogna. Ma ciò nonostante si è verificato che alcuni modelli di protesi sono risultate difettose e dannose per la salute dei pazienti. E' il caso delle protesi modello ASR fabbricato dalla De Puy, azienda della galassia del colosso statunitense Jonhson & Jonhson. Esse infatti provocavano sacche di liquido, dolore ed inoltre erano soggette a dislocazione e scollamento delle parti componenti. Per tali motivi l’azienda ha dovuto ritirarle dal mercato ed ha stabilito un risarcimento danni per coloro ai quali è stata impiantata.
Come scegliere la protesi giusta?
La scelta della tipologia di protesi più opportuna è ovviamente a cura dello specialista, che è l’ortopedico, in base alle particolari condizioni dell'articolazione coxo femorale. La scelta di una protesi in funzione delle caratteristiche e dei materiali con cui è realizzata è dettata dalla valutazione di parametri caratteristici del paziente. Il chirurgo effettuerà tale scelta dopo attenta analisi di parametri che sono riassumibili in: età, peso corporeo, patologia o evento che determinano l’intervento, sesso, allergie, attività lavorativa ed eventuale pratica di attività sportive.
- La protesi in cotile in metallo rivestito internamente di polietilene e testa dello stelo in metallo è quella più utilizzata,
- Protesi che prevedano testa dello stelo in ceramica e interno del cotile in polietilene sono adatte a pazienti di giovane età con una vita intensa in quanto riducono l’usura da attrito ed assicurano alla protesi una più lunga durata. Ancora più resistenti risultano le protesi con testa dello stelo in ceramica e interno del cotile in ceramica.
- Egualmente resistente è anche la combinazione metallo/metallo ma è maggiormente soggetta a problemi di sensibilizzazione allergica che potrebbero richiedere una successiva rimozione e sostituzione dell’impianto.
Patologie che richiedono l’intervento protesico dell’anca.
Le cause che di norma inducono ad un intervento di artroplastica totale o parziale dell’anca sono tutte quelle che compromettono la funzionalità dell’articolazione coxo femorale. Compromissione che può essere valutata con estrema precisione con indagini cliniche come: radiografia, TAC, Risonanza Magnetica e scintigrafia ossea.
Le patologie che più frequentemente possono condurre all’intento protesi dell’anca sono:
Frattura dell’anca. | Tale frattura avviene frequentemente in presenza di osteoporosi. La maggior parte di fratture dell’anca si verifica appena sotto la testa sferica ed è detta frattura del collo femorale. Le fratture del collo femorale sono particolarmente problematiche in quanto interrompono l’apporto di sangue alla testa del femore che non può in tal modo guarire ed è quindi necessario intervenire con intervento protesico. La frattura può essere anche intertrocanterica, quando interessa le grandi sporgenze ossee del femore (trocanteri), ed è una frattura meno grave che richiede un intervento che conserva l’articolazione originaria. |
Coxartrosi. | Una patologia a carattere cronico e degenerativo che compromette l’articolazione, nel caso specifico dell’anca, partendo dalla cartilagine che si assottiglia e si fessura determinando deformazione della capsula articolare e dolore. La coxartrosi può essere primaria e quindi ad eziologia genetica e secondaria e perciò indotta da traumi, infezioni etc. |
Necrosi idiopatica della testa del femore. | Una patologia che causa la morte delle cellule ossee della testa del femore dovuta a problemi di vascolarizzazione ossia di apporto sanguigno. |
Artrite reumatoide. | Infiammazione cronica che interessa l’articolazione e che induce degenerazione delle teste ossee e del tessuto connettivo. |
Artrite psoriasica. | Artrite infiammatoria associata alla psoriasi a carattere cronico e degenerativo. |
Displasia congenita dell’anca. | La displasia dell'anca è una malattia che a causa di un anormale sviluppo dell’articolazione dell’anca fa si che il femore tenda a fuoriuscire dalla sua naturale sede dell’acetabolo. |
Naturalmente soffrire di una di tali malattie non implica una necessaria sostituzione dell’articolazione con una protesi. L’intervento rappresenta l’ultima spiaggia e si procede con esso solo se la sintomatologia dolorosa e l’impedimento funzionale dell’arto resiste ad ogni terapia conservativa come ad esempio antinfiammatori e drastico calo ponderale.
L’ intervento di artroplastica all'anca.
L’intervento con cui si effettua la sostituzione dell’articolazione dell’anca può essere parziale o totale.
L’intervento di endoprotesi. L’intervento parziale è detto endoprotesi e sostituisce la sola componente femorale, la sola testa del femore o testa e collo femorale, mentre l’acetabolo rimane quello fisiologico.
L’intervento di artroprotesi. L’intervento totale è detto di artroprotesi e sostituisce l’intera articolazione operando sia sull'acetabolo che sul femore. L’intervento chirurgico completo si effettua trattando adeguatamente ed ampliando la cavità acetabolare compromessa ed inserendo al suo interno una coppa protesica a sostituzione di quella fisiologica. Contemporaneamente si effettua la resezione della parte superiore del femore che viene sostituita con una protesi inserita nel canale midollare dell’osso resecato e che va ad articolarsi nel nuovo acetabolo.
La scelta tra una tipologia o l’altra di intervento è di norma effettuata in funzione dell’età del paziente. Chiariamo quanto detto. In passato la sostituzione della protesi dell’anca veniva fatta a soli pazienti anziani (età superiore ai 70 anni) ed invalidi. Oggi si tende ad operare anche pazienti con età inferiore che, pur avendo l’articolazione non compromessa del tutto, soffrono di sintomatologie dolorose tali che ne inficiano pesantemente la qualità della vita. In questa ottica poiché le protesi sono soggette a deterioramento, e quindi a dover essere sostituite dopo un certo numero di anni, si preferisce partire con l’intervento meno invasivo tenendo presente che ogni successiva rimozione e sostituzione risulterà, per forza di cose, man mano più invasiva.
Come avviene l’intervento.
L’impianto della protesi è un intervento di chirurgia maggiore che comunque comporta qualche rischio anche se ormai è assolutamente di routine dato l’elevato numero che ogni anno se ne esegue.
L’operazione avviene in anestesia totale o con anestesia epidurale che è in grado di anestetizzare regioni del corpo somministrando principi attivi anestetizzanti nello regione epidurale della colonna vertebrale.
Le vie per accedere alla articolazione possono essere diverse: anteriore, posteriore o laterale e naturalmente sono una scelta del chirurgo.
La tecnica chirurgica che viene praticata è quella denominata mini invasiva che rispetta quanto più è possibile l’anatomia dei tessuti e consente incisioni più piccole e quindi con minor perdite ematiche e tempi di recupero molto più rapidi.
La durata dell’operazione ovviamente è funzione del lavoro da effettuare e può andare da una a diverse ore.
Nei primi interventi le protesi metalliche inserite nelle ossa venivano incollate con speciali cementi acrilici (protesi cementate). Attualmente si preferisce usare protesi in titanio poroso cosparso di uno speciale sale di calcio che vengono inserite nelle ossa con una tecnica a pressione denominata press fit. L’osso guarendo produce callo osseo che ingloba completamente il metallo che così finisce per formare corpo unico con lo scheletro. Nei casi di paziente con gravi problemi ossei per osteoporosi si rende indispensabile il serraggio con viti.
Il post operatorio.
La degenza in ospedale varia tra i 4 e gli 8 giorni. Già però dal secondo giorno si inizia a camminare facendo uso delle stampelle che potranno essere abbandonate:
- In 10-15 giorni, tempo necessario affinché si rimarginano le ferite, se la protesi in fase operatoria è stata cementata con colle acriliche.
- All'incirca dopo un mese o poco più, se invece è stato preferito una protesi che prevede osteointegrazione.
Nei primi tempi per prevenire la formazione di eventuali trombi venosi sulla gamba operata sarà utile indossare una calza elastica. In tale periodo occorre altresì porre molta attenzione a non compiere alcuni movimenti che possono risultare particolarmente pericolosi in quanto capaci di indurre lussazione della protesi (fuoriuscita della testa protesica dal cotile). I movimenti che comportano tale evenienza sono essenzialmente i seguenti quattro:
- Flessione dell’anca ad angolo retto come per raccogliere un oggetto caduto a terra.
- Inclinare il busto in avanti da posizione seduta.
- Accavallare la gamba operata sull'altra.
- Sedersi sul pavimento o su sedili troppo bassi sottoponendo l’articolazione ad eccessiva flessione.
Con la completa guarigione è possibile riprendere anche attività sportive ovviamente non tutti gli sport sono consentiti. E' buona norma evitare attività che contemplano un severo impatto della gamba col terreno e quindi: tutte le attività che comportano salti, corsa su terreni sconnessi, calcio, etc. Egualmente proibiti sono gli sport che possono comportare traumi violenti come : sci, alpinismo, etc. Sono consentiti: nuoto, passeggiate, ginnastica, etc.
Possibili complicanze di un intervento di artroprotesi anca.
Come già ampiamente accennato l’intervento di protesi dell’anca è un intervento che ormai è relativamente sicuro ma che comunque può dar luogo a complicanze di cui riportiamo le più frequenti.
Trombosi venosa. | Si possono avere ostruzioni dei vasi venosi della gamba operata ed in qualche caso la dislocazione di un embolo che può condurre ad una embolia polmonare. Per evitare questa evenienza, che in genere è rara, si usa durate il periodo di recupero post operatorio una calza elastica e si assumono farmaci anticoagulanti. |
Infezione della protesi. | E' la peggiore evenienza. Per prevenirla nella preparazione pre operatoria si eliminano tutti i possibili focolai di infezione come possono essere carie dentali, ecc e si sottopone il paziente ad una profilassi ed una terapia antibiotica postoperatoria. Nonostante tutte queste precauzione alcuni batteri possono resistere e proliferare sulla superficie protesica e scatenare anche a distanza di tempo una infezione. Aumentano il rischio compromissione del sistema immunitario e diabete. In caso di infezione occorre un intervento chirurgico di pulizia o nei casi gravi la completa rimozione. |
Dislocazione della protesi. | Può avvenire per uno dei movimenti segnalati o in seguito ad un trauma. Un tono muscolare carente può favorire questa complicanza. La riduzione non richiede intervento chirurgico. |
Dismetria. | Differenza della lunghezza delle gambe. E' un problema abbastanza comune dopo l’impianto di una protesi e viene facilmente corretto mediante l’uso di appositi plantari da inserirsi nelle scarpe. |
Riabilitazione.
Importante per un completo recupero delle funzionalità dell’anca, dopo un intervento di protesico, è concordare con ortopedico, fisiatra e fisioterapista un programma di fisioterapia che preveda un protocollo riabilitativo.
L’intervento riabilitativo è naturalmente più intensivo negli anziani e consiste in esercizi di rinforzo muscolare, di mobilizzazione e di deambulazione.
Il periodo di riabilitazione dura dai 30 ai 40 giorni e varia con l’età e le condizioni fisiche del paziente.
Molto utile non appena il soggetto è in grado di camminare con sicurezza, risulta il salire e scendere le scale, sollevando, in salita, dapprima l’arto sano, in discesa, dapprima l’arto leso.
I massaggi possono alleviare il dolore e ridurre il gonfiore.
Un accorgimento non molto adottato, ma che può aiutare a riacquistare una completa mobilità dell’anca è la riabilitazione pre-operatoria, ovvero un percorso fisioterapico che consente di rafforzare il tono muscolare e che prepara alla deambulazione.
A che età effettuare l’intervento?
L’età del paziente gioca un ruolo primario nella valutazione se l’intervento va eseguito o meno. Infatti le tecniche operatorie hanno raggiunto livelli di perfezione tali che coloro che ricavano maggiori benefici dall'impianto di una protesi sono proprio i pazienti più giovani che in brevissimo tempo passano da una situazione di grave limitazione funzionale alla quasi normalità. Il punto, purtroppo è che attualmente le protesi, come ripetutamente detto, hanno una durata limitata che si riduce ulteriormente se il paziente è giovane e conduce una vita attiva. La decisione va ovviamente ben ponderata con lo specialista. Nel futuro si spera che la ricerca scientifica renda disponibili nuovi materiali che consentano durate che siano paragonabili anche alle aspettative di vita di un paziente giovane. Ad oggi l’età ideale per l’impianto di una protesi è di 65-70 anni, ma tutto ciò non esclude che l’operazione possa essere anche fatta a 50 anni o meno.