Raschiamento diagnostico ed operativo: intervento, anestesia, rischi e conseguenze
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Il raschiamento della cavità uterina è un intervento molto diffuso, oltre che in caso di aborto infatti viene eseguito anche per emorragie, polipi, tumori, ecc… Analizziamo le differenze tra il raschiamento diagnostico e quello operativo, il tipo di anestesia che si deve praticare ed i rischi delle diverse procedure.
Cos’è il raschiamento?
Il raschiamento o revisione della cavità uterina (o curettage) è una procedura chirurgica a carattere invasivo che viene utilizzata, in generale, per due scopi: diagnostico o operativo.
E’ un intervento che possiamo definire “famoso” in quanto molte donne ne hanno sentito parlare in merito ad un evento negativo, l’aborto, ma l’applicazione varia su più fronti, dalla diagnosi di sanguinamenti uterini fino alla rimozione di masse o polipi.
E’ un intervento che possiamo definire di routine, in quanto viene quotidianamente praticato nelle strutture ospedaliere, prevede un breve ricovero e di norma non è ritenuto molto fastidioso dalle donne che lo hanno subito. La guarigione è infatti abbastanza veloce e nella maggior parte dei casi non ci sono problemi in seguito all’intervento.
Il raschiamento diagnostico: quando?
Il raschiamento diagnostico viene prescritto quando si ha un dubbio medico e si crea la necessità di procedere a questo intervento per fare una diagnosi.
In alcuni casi, infatti, i sintomi possono essere aspecifici o portare a più diagnosi possibili per cui con un piccolo prelievo di tessuto uterino si può chiarire un dubbio e avere la certezza della diagnosi.
I casi in cui è preferibile sottoporsi ad un raschiamento diagnostico possono essere:
Emorragie uterine anomale
- Ipermenorrea: è un termine utilizzato per indicare una perdita di sangue abbondante e prolungata dall’utero (uguale o superiore a 80 ml). In genere questo evento, se ciclico e regolare, viene anche indicato con il nome di menorragia, ossia una mestruazione abbondante abituale. E’ un sintomo aspecifico e richiede un ulteriore approfondimento per poter fare una diagnosi;
- Metrorragia: se la perdita di sangue si verifica tra una mestruazione e l’altra, si parla di metrorragia. Se invece la perdita comincia come una mestruazione abbondante e poi si prolunga oltre il periodo mestruale si parla di menometrorragia. Anche in questo caso può essere necessario un raschiamento diagnostico per scoprire le cause di questo disturbo;
- Spotting: piccole perdite di sangue scuro possono comparire indipendentemente dal ciclo mestruale; in genere questo sintomo può essere sottovalutato, ma invece se non è mai comparso prima può richiedere un ulteriore approfondimento per scoprirne la causa;
- Sanguinamenti post menopausali: come sappiamo, nel periodo menopausale i sanguinamenti uterini ciclici si arrestano in quanto cessano le ovulazioni e la donna non è più fertile. Possono però comparire delle perdite che non sono fisiologiche e possono essere una spia per una patologia più seria (es. tumore all’utero), per cui in questi casi può essere necessario sottoporsi a una indagine diagnostica più invasiva per avere una diagnosi certa.
Polipo endometriale o cervicale.
Il polipo è una neoformazione a carattere quasi sempre benigno che si può costituire o a livello della cervice uterina o a livello endometriale. Entrambi possono causare delle piccole perdite di sangue e in particolare quello endometriale è un pò difficile da diagnosticare ecograficamente. Ad ogni modo, se c’è il sospetto che ci possa essere un polipo, si può fare un raschiamento diagnostico che nella stessa sede può diventare operativo, nel caso in cui si decida di asportarlo.
Tumore uterino.
Se si ha il sospetto che ci possa essere un tumore uterino, come ad esempio un tumore dell’endometrio, la revisione cavitaria può essere una delle opzioni diagnostiche per confermarne la presenza.
Tubercolosi genitale.
La tubercolosi genitale in genere è secondaria rispetto ad una infezione primaria polmonare. In alcuni casi, infatti, l’infezione può “migrare” verso l’apparato genitale e in particolare verso l’utero. Il raschiamento è una delle opzioni diagnostiche per la conferma della presenza della malattia.
E’ bene fare una piccola precisazione: talvolta, in caso di dubbio diagnostico, è preferibile sottoporsi ad una isteroscopia diagnostica, ossia una procedura che non sempre viene fatta in anestesia e che serve per guardare l’utero dall’interno tramite l’introduzione di una telecamerina. E’ una procedura meno invasiva e che risolve spesso in modo più facile i dubbi del medico.
Approfondisci come si esegue e quali sono i rischi dell'isteroscopia.
Quando si effettua un raschiamento operativo?
Il raschiamento diventa operativo quando si va a intervenire e rimuovere direttamente la causa. Può essere il secondo step dopo un raschiamento diagnostico o può essere eseguito direttamente dopo aver avuto la diagnosi tramite altre indagini (ecografia, esami del sangue, etc.).
I casi in cui si esegue un raschiamento operativo sono:
Aborto (in atto, ritenuto, spontaneo, volontario).
L'aborto è di certo l’evento più frequente per il quale si interviene in modo operativo. Infatti la diagnosi di aborto si può fare sia ecograficamente (mancata visualizzazione del battito cardiaco embrionale) sia valutando l’andamento dell’ormone BHCG (l’ormone prodotto solo in gravidanza, se la camera gestazionale non si riesce a visualizzare ecograficamente e il valore della BHCG scende, è probabile che ci si trovi di fronte ad un aborto) e i sintomi riferiti dalla donna. La revisione della cavità uterina è l’intervento valido sia per i casi di aborto spontaneo che in caso di interruzione volontaria della gravidanza, entro i termini della Legge 194/78.
Puoi approfondire le cause dell'aborto spontaneo.
Emorragie post parto.
Dopo il parto e l’espulsione della placenta, può capitare che resti parte del materiale placentare ritenuto in utero e questo può impedire la corretta contrazione uterina che, nel post partum, è essenziale per chiudere i vasi lasciati aperti dalla placenta che si è appena staccata. In questo caso la revisione della cavità uterina va eseguita in modo urgente, prima che la paziente perda ulteriore sangue e prima che l’utero vada in atonia, ossia cominci ad avere difficoltà a contrarsi.
Polipo cervicale o endometriale.
Come abbiamo già detto se si ha la certezza della presenza di un polipo a livello della cervice uterina o dell’endometrio, il raschiamento diventa terapeutico e viene rimosso, per evitare alla paziente di sottoporsi due volte alla stessa procedura chirurgica.
Fibromi uterini.
In caso di formazioni anomale, se non sono di grandi dimensioni e sporgono nella cavità uterina, è possibile provare a rimuoverle con il raschiamento piuttosto che sottoporre la donna ad interventi maggiormente invasivi (es. laparoscopia).
Come si fa? La procedura in dettaglio.
Prima di sottoporsi ad un raschiamento, sia esso diagnostico o operativo, ci sono alcuni step che bisogna seguire.
Preparazione: esami per il raschiamento e per l’anestesia.
Prima di tutto, è necessario sottoporsi ad una accurata visita ginecologica, con la raccolta dell’anamnesi personale e familiare. Inoltre una ecografia può aiutare il medico ad avere un quadro più chiaro della situazione patologica.
L’utilità dell’ecografia (specie quella vaginale) si riscontra soprattutto in caso di aborto: è necessario infatti accertare ecograficamente la presenza in utero dell’eventuale camera gestazionale vuota, o dell’assenza del battito dell’embrione o, in ogni caso, che la gravidanza sia in utero. Se, infatti, l’embrione si impianta in una sede diversa dall’utero, si parla di gravidanza extrauterina e il raschiamento non può essere effettuato in quanto sono altre le scelte terapeutiche.
Anche in caso di polipo endometriale o di neoformazioni uterine, l’ecografia può essere utile come strumento diagnostico per avere la certezza della necessità di sottoporsi alla procedura.
Una volta riscontrata la necessità della revisione cavitaria, la paziente farà un primo accesso presso la struttura ospedaliera di riferimento qualche giorno prima dell’intervento, generalmente la mattina presto, a digiuno, per fare una serie di esami da inserire nella cartella clinica.
Gli esami in genere sono tutti quelli che si eseguono prima di una anestesia:
- prelievo di sangue:
- emogruppo, in caso di complicazioni è importante che sia segnalato in cartella il gruppo sanguigno della paziente in modo da poter intervenire tempestivamente con una trasfusione, se necessario.
- Emocromo completo, per la valutazione quantitativa di globuli rossi, globuli bianchi, piastrine, ematocrito, emoglobina.
- PT, PTT, fibrinogeno, per la valutazione dei fattori della coagulazione.
- Glicemia, azotemia, creatininemia, per la valutazione di alcune patologie (es. diabete).
- Enzimi epatici, per la valutazione dello stato di salute del fegato.
- Elettroliti, per la valutazione di alcune patologie (es. nefropatie, ipertensione).
- Esami infettivologici (Epatite B, Epatite C, HIV).
- Elettrocardiogramma, in pazienti con più di 40 anni o con anamnesi positiva per patologie cardiache.
- Visita anestesiologica, l’anestesista che eseguirà la sedazione farà un colloquio con la paziente per conoscerne l’anamnesi, interventi precedenti, precedenti anestesie, etc.
- Radiografia del torace, per le pazienti fumatrici, anziane o con patologie specifiche (es. polmonari).
- Ecografia (in caso di aborto, per ulteriore verifica, talvolta si esegue una nuova ecografia di controllo)
Tutti questi esami, come dicevamo, generalmente vengono fatti in una sola mattinata (dipende dall’organizzazione della struttura) e si inseriscono nella cartella della paziente.
Questa procedura viene definita day hospital, in quanto l’intervento vero e proprio sarà in un’unica giornata, senza necessità di restare una notte in ospedale, salvo complicazioni.
Un discorso a parte va specificato per i casi di revisione in urgenza. Se ad esempio l’aborto causa perdite di sangue abbondanti tanto da richiedere il ricovero, la paziente farà tutti questi esami in regime di urgenza e appena saranno pronti verrà sottoposta alla procedura operativa, senza attese.
Ugualmente, in caso di ritenzione di materiale placentare, la donna verrà sottoposta al raschiamento subito dopo il parto. In questo caso, la paziente è già ricoverata per cui non necessita di ulteriori accertamenti prima di sottoporsi all’intervento.
Una volta pronti tutti gli esami, la donna verrà informata dalla struttura sul giorno prescelto per l’intervento e su tutto ciò che è necessario fare prima di giungere in ospedale.
La preparazione è valida sia per gli interventi diagnostici che per quelli operativi, anche perché molto spesso la procedura diagnostica diventa poi nella stessa sede operativa.
Dopo aver completato gli esami e stabilito una data, verranno date alla paziente alcune informazioni riguardanti ciò che le potrà servire il giorno dell’intervento e ciò che dovrà fare a partire dalla sera prima.
Queste informazioni sono valide sia in caso di raschiamento diagnostico sia in caso di intervento operativo:
- fare una cena leggera,
- cercare di svuotare l’intestino prima di recarsi in ospedale,
- talvolta viene consigliata una lavanda ginecologica da eseguire la sera prima,
- restare digiuna dalla mezzanotte o comunque per almeno sei ore prima dell’intervento,
- chiedere prima di assumere eventuali farmaci abituali,
- portare con sè: documenti di riconoscimento, eventuali esami eseguiti in precedenza, un pigiama o una camicia da notte, nel caso la struttura non disponesse di camici per la sala operatoria, ciabatte o calzini per il tempo in cui si sosta in ospedale, biancheria intima di ricambio, assorbenti (talvolta dopo l’intervento si possono avere delle perdite ematiche)
Una volta giunta in ospedale, la donna sarà presa in carico dal personale della struttura (generalmente una infermiera o più frequentemente un’ostetrica), che controllerà se sono presenti tutti gli esami nella cartella clinica aperta qualche giorno prima e inviterà la donna a riferire eventuali allergie (es. lattice) e a togliere eventuali oggetti preziosi (collanine, bracciali, orologi).
Una volta fatto ciò, la donna può indossare il camice o ciò che ha portato con se e entrare in sala operatoria per la procedura chirurgica.
L'intervento.
L’intervento di raschiamento, sia diagnostico che operativo, viene generalmente svolto in sedazione, senza intubazione. La paziente quindi dormirà ma respirando spontaneamente in quanto la procedura è di norma abbastanza rapida.
La durata è di circa 15 - 20 minuti, più il tempo della preparazione all’anestesia. Ovviamente molto dipende anche dalla causa dell’intervento (es. per l’asportazione delle masse potrebbe volerci più tempo).
La paziente viene fatta mettere in posizione ginecologica in sala operatoria e una volta sedata, è possibile cominciare la procedura.
Gli step che si susseguono nel raschiamento sono:
- disinfezione dei genitali esterni e interni.
- Prima della dilatazione della cervice uterina per permettere l’ingresso degli strumenti in cavità, il ginecologo farà una visita vaginale per capire le dimensioni e la posizione dell’utero e escludere eventualmente la presenza di malformazioni.
- Dilatazione del collo uterino, mediante l’introduzione di ferri chirurgici chiamati dilatatori di Hegar, ossia dei cilindretti di varie dimensioni che vengono introdotti nel collo uterino per dilatarlo gradualmente (si inserisce prima il dilatatore più piccolo e via via quello di dimensioni maggiori), senza mai forzare il tessuto cervicale o il passaggio dei ferri attraverso gli orifizi uterini (esterno e interno); questo, infatti, potrebbe provocare sanguinamenti o in futuro problemi di incontinenza cervicale. Il passaggio dei ferri avviene più facilmente in donne che hanno già partorito per via vaginale.
Una volta ottenuta una buona dilatazione, la procedura varia a seconda se si sta praticando un raschiamento diagnostico o operativo:
- diagnostico: il ginecologo effettua tutti i controlli per verificare che l’utero e tutte le altre strutture ginecologiche visualizzabili (portio uterina, vagina) siano sane e verifica se i sospetti avuti dagli esami precedenti sono fondati (es. presenza di un polipo). Se si presenta la necessità di asportare masse o polipi, la procedura prosegue in modo operativo. In caso contrario, è possibile prelevare un pò di campione endometriale (se il medico lo ritiene necessario) da inviare ad esame istologico o infettivologico e chiudere la procedura controllando e ripulendo la paziente, prima di risvegliarla.
- Operativo: in questo caso si procede alla rimozione della causa che ha portato a svolgere la procedura. In caso di aborto, si procede all’asportazione del materiale abortivo. In genere questa procedura si effettua con due tecniche: o con uno strumento chiamato curette, una sorta di cucchiaio che raccoglie e porta all’esterno il materiale abortivo in utero (questa procedura viene preferita se si preleva un campione da analizzare o se è necessario eseguire l’esame del DNA sull’embrione per verificare se ci sono anomalie genetiche); o con l’isterosuzione, ossia viene introdotto in utero un tubicino che aspira il contenuto dell’utero e lo rimanda in un contenitore che verrà poi smaltito (questa procedura viene preferita in caso di interruzione volontaria di gravidanza o se non è necessario analizzare il cariotipo embrionale). In caso di asportazione di masse o polipi, si procede o con la curette o con gli strumenti necessari per resecare la massa e inviarla ad esame istologico.
Approfondisci cos'è l'interruzione volontaria della gravidanza e quando è possibile farla.
Controllate le perdite di sangue e eliminati tutti gli strumenti e prelevati tutti i campioni, si procede alla pulizia dei genitali e al risveglio della paziente.
In genere il risveglio è semplice e non fastidioso, in quanto non si procede a intubazione.
Quando la paziente è vigile, viene riportata in camera e resterà li finché non si sentirà in grado di lasciare l’ospedale, dopo i controlli post intervento e il parere favorevole del medico.
E dopo il raschiamento?
Dopo l’intervento, come abbiamo detto, la paziente torna in camera e lentamente si riprende.
I fastidi più comuni che può causare l’anestesia sono:
- senso di nausea,
- vomito,
- sonnolenza,
- lieve stordimento,
Questi, però, tendono a scomparire man mano che il fisico si libera dell’anestesia. Per cui frequentemente in questa fase vengono somministrati liquidi abbondanti, oltre alla terapia antibiotica che è presente di routine dopo ogni intervento, sia esso diagnostico o operativo.
La degenza in caso di raschiamento diagnostico o operativo non prevede la notte in ospedale, ma nel caso la paziente non si senta sicura, può anche chiedere di restare fino al giorno dopo.
I sintomi che più comunemente si presentano in seguito alla procedura (e che di norma svaniscono nel giro di poco tempo) sono:
- perdite di sangue,
- crampi simil mestruali,
- lieve sintomatologia dolorosa,
- lieve mal di schiena,
- lieve rialzo della temperatura corporea
E’ possibile che il medico prescriva un antidolorifico (es. ibuprofene) per alleviare la sintomatologia dolorosa nel caso la donna lo preferisca.
Nei giorni successivi:
- potranno esserci delle perdite di sangue che nel giro di massimo quindici giorni tenderanno a schiarirsi e a svanire;
- la ripresa delle normali attività è possibile già dopo 24 ore, ma è preferibile evitare sforzi eccessivi nei giorni immediatamente successivi (es. alzare pesi);
- è preferibile evitare l’uso di assorbenti interni per circa 15 giorni, scegliendo quelli esterni ipoallergenici;
- è preferibile evitare lavande ginecologiche, se non dietro precisa prescrizione medica;
- è preferibile fare la doccia e non il bagno almeno finché non cessano le perdite;
- è preferibile evitare i rapporti sessuali per i successivi 10-15 giorni, se non prescritto diversamente dal medico;
- fare riferimento al medico di fiducia se si desidera una gravidanza dopo il raschiamento, è importante infatti sapere che questo intervento non altera la fertilità, ma è preferibile attendere la normale ripresa dell’attività mestruale;
- nel caso in cui fosse necessario rimandare una gravidanza (es. risultato positivo per infezioni dell’endometrio), è possibile farsi prescrivere la pillola anticoncezionale e interromperla quando sarà possibile avere una nuova gravidanza;
- in caso di aborto, è possibile che il medico richieda un controllo del valore BHCG dopo alcuni giorni, per confermare l’azzeramento del valore e quindi il buon esito della procedura abortiva.
I pochi rischi della procedura di raschiamento.
Il raschiamento è un intervento e come tutti ha un minimo margine di rischio.
Questo rischio è però molto basso in quanto è un intervento di routine che viene eseguito spesso per cui l’operatore acquista una certa manualità.
Il rischio diminuisce ancor più in caso di raschiamento diagnostico, in quanto non vengono utilizzati strumenti che possono causare un danno all’utero.
Quando si parla di raschiamento operativo, invece, i rischi maggiori possono essere:
- Perforazione dell’utero, lo strumento utilizzato (es. curette) se usato con molta forza o nel modo non corretto può causare un foro nella parete uterina. E’ un evento grave, ma fortunatamente molto raro.
- lesioni della cervice uterina, se al momento della dilatazione con gli Hegar si applica troppa forza per dilatare la cervice, si può causare un danno che potrebbe sfociare, ad esempio in una gravidanza successiva, ad incontinenza cervicale con rischio maggiore di parto pretermine.
- Infezioni, un minimo rischio di infezione è contemplato in tutti gli interventi, ovviamente questa evenienza è strettamente legata alla corretta applicazione della procedura e della sterilità della sala operatoria.
- Formazione di aderenze, il passaggio della curette potrebbe, in una piccola percentuale di casi (circa il 12 %), provocare la formazione di aderenze all’utero che potrebbero dare delle complicazioni nel caso in cui la donna desideri una gravidanza in futuro.
- Anestesia, quando ci si sottopone ad una anestesia c’è sempre un minimo rischio legato alla procedura ma in questo caso specifico essendo non una vera e propria anestesia ma una sedazione, il rischio è davvero minimo.
Ma allora, se ci sottoponiamo a un raschiamento, quali sono i sintomi che ci devono mettere in allarme? Se si presenta uno di questi sintomi, è importante contattare il proprio medico:
- abbondante perdita ematica,
- forte dolore addominale,
- debolezza o svenimento,
- febbre alta,
- perdite vaginali maleodoranti.