Travaglio: sintomi, fasi e consigli su come affrontare il parto naturale
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Il travaglio è l'insieme di quei fenomeni che portano all'espulsione del feto. Quali sono i sintomi che devono mettere in allarme la futura mamma? Quando è consigliato recarsi in ospedale e quando invece è preferibile restare a casa in attesa che il travaglio cominci? Analizziamo le varie fasi che conducono al parto naturale e scopriamo come affrontare nel modo migliore la nascita.
Cos'è il travaglio?
In ostetricia si definisce travaglio l’insieme di fenomeni materni (dinamici), fetali (plastici) e meccanici (materno-fetali) che portano all'espulsione del prodotto del concepimento e di tutti gli annessi (placenta, membrane, cordone).
Il travaglio è il momento che segna l’arrivo del parto: il momento più atteso dalla futura mamma e anche più ricco di ansie.
Quando si definisce a termine una gravidanza?
- Aborto: fino alle 22- 23 settimane di gestazione (a questa epoca sopravvivenza molto bassa)
- Parto prematuro: prima delle 37 settimane di gestazione (fino al 266° giorno) 10 %
- Parto a termine: tra le 37 e le 42 settimane di gestazione (fino al 285 ° giorno) 85 %
- Parto tardivo: oltre le 42 settimane di gestazione 5 %.
Quella del travaglio è una fase complessa in cui entrano in gioco vari fattori che interagiscono tra di loro per permettere al feto di attraversare il canale del parto e nascere in modo sano e naturale, senza complicazioni.
In particolare, i fattori del parto sono:
- la forza determinata dalle contrazioni uterine (involontarie), con l’ausilio della muscolatura volontaria (muscoli dell’addome): senza contrazioni valide il travaglio non procede e non si può giungere al parto. Le contrazioni considerate valide devono essere regolari (durano fino a 60 secondi), ritmiche (ad inizio travaglio si presentano ogni 10-15 minuti,verso la fine del travaglio si presentano ogni 2-3 minuti) e dolorose.
- il canale del parto, costituito dalle parti molli (collo uterino, canale vaginale, vulva) e dalle parti ossee (stretto superiore o ingresso pelvico, stretto medio o pelvi media, stretto inferiore o egresso pelvico);
- il corpo mobile, ossia il feto che ruota durante il passaggio nel canale del parto, per far si che il diametro della sua testa si adatti al diametro disponibile al passaggio. Queste modificazioni permettono al feto di passare senza incastrarsi attraverso il canale del parto, in quanto le parti molli si modificano mentre le parti ossee, articolazioni fisse, non possono adeguarsi.
Le fasi: i tre stadi del travaglio.
Tutto il processo del parto si divide in tre fasi più una fase antecedente che rappresenta un periodo di preparazione più o meno lungo, quindi:
- Periodo prodromico.
- I stadio: fase dilatante, costituito a sua volta da una fase latente ed una fase attiva.
- II stadio: fase espulsiva.
- III stadio: secondamento.
Fase prodromica: i sintomi che annunciano l’arrivo del travaglio.
La fase prodromica comprende tutte quelle manifestazioni che si presentano prima dell’inizio vero e proprio del travaglio. Ha una durata variabile da donna a donna e da gravidanza a gravidanza e può durare anche alcuni giorni.
E’ caratterizzata da alcuni sintomi, i principali sono:
- contrazioni irregolari, che possono essere fastidiose o anche non avvertite dalla donna. Si possono presentare ravvicinate e poi interrompersi, sono comunque sempre irregolari, sia nella durata che nella frequenza e prendono il nome di contrazioni di Braxton-Hicks.
- Indurimento della pancia.
- Mal di schiena.
- Gonfiore agli arti inferiori.
- Minzione frequente.
- Disturbi della digestione.
- Nausea.
- Stanchezza.
- Senso di pesantezza al basso ventre.
- Perdita del tappo mucoso: il tappo mucoso è una sostanza gelatinosa che chiude il canale del parto. La perdita di muco indica che è in corso qualche modifica del collo dell’utero e che quindi il travaglio sta per arrivare. Non è possibile stabilire con certezza entro quando dalla perdita del tappo inizieranno le contrazioni vere e proprie, ma sono un buon segnale che qualcosa si sta muovendo. In genere questo muco può anche essere accompagnato da piccole perdite ematiche, di colore rosa, che non ci devono allarmare.
L’inizio del travaglio. Primo stadio: la dilatazione.
Il primo stadio è il periodo più lungo del travaglio, è la fase della preparazione del canale del parto, il momento in cui la futura mamma comincia a “familiarizzare” con le contrazioni.
E’ una fase preparatoria e, anche se esternamente le modifiche non sono evidenti, accadono molti eventi.
Prima di tutto, dobbiamo considerare che il primo stadio è costituito da due periodi: fase latente e fase attiva.
La fase latente si considera dall'inizio del travaglio fino ai 3-4 cm di dilatazione. La durata è abbastanza variabile, da donna a donna e da gravidanza a gravidanza. In linea generale possiamo dire in media è di circa 6-8 ore nelle nullipare (ossia le donne che non hanno mai partorito per via vaginale) e di circa 5 nelle multipare (ossia le donne che hanno già avuto uno o più parti vaginali).
Può essere considerata anormale se dura più di 20 ore nelle nullipare e più di 12 nelle pluripare.
Ecco schematicamente cosa accade:
- le contrazioni diventano più regolari e frequenti (da 5 a 20 minuti)
- le contrazioni diventano più fastidiose e prolungate (40’’ / 60 ’)
- si forma il cosiddetto canale del parto con l’insieme dei fenomeni dinamici: il collo dell’utero si ammorbidisce, si appiana e si centralizza, l’orifizio uterino interno si apre e si forma una sorta di “coppa” che accoglierà la parte presentata del feto (ossia la prima grande parte fetale che si presenta all'ingresso pelvico e che in condizioni di fisiologia è la testa)
- progressivamente comincia la dilatazione, fino ai 3-4 cm.
Non è necessario vivere questa fase in ospedale, in quanto un ambiente stressante e poco familiare potrebbe interagire con i meccanismi del travaglio e in qualche modo anche interferire con essi.
Per cui, se non ci sono evidenti perdite di sangue o di liquido amniotico (che possono far pensare ad una rottura del sacco amniotico), è preferibile restare a casa o contattare la propria ostetrica di fiducia che potrà venire a domicilio per verificare che tutto stia procedendo nel migliore dei modi.
Nel frattempo si prende confidenza con le contrazioni che diventano via via più forti e decise (ed efficaci dal punto di vista della dilatazione), si possono sperimentare le posizioni che ci danno maggiore sollievo, si può fare un bagno o la doccia (l’acqua come vedremo aiuta il rilassamento e favorisce il buon andamento del travaglio), riposarsi e assumere cibi o liquidi in quanto ci si dirige verso il clou del travaglio e quindi è importante arrivarci in forze e riposate.
E’ consigliabile assumere cibi leggeri e asciutti, in quanto il dolore delle contrazioni può stimolare la nausea o il vomito.
E’ preferibile poi cercare di tenere l’intestino pulito, in quanto nelle ultime fasi contribuisce al corretto svolgimento della fase espulsiva.
Se la donna lo preferisce, può comunque recarsi in ospedale (specie se la struttura è lontana da casa o se c’è qualche patologia che è preferibile tenere sotto controllo), sapendo però che secondo recenti studi recarsi in anticipo presso la struttura ospedaliera può contribuire ad aumentare il rischio di parto cesareo, manovre invasive e parto operativo, in quanto si ha la tendenza a voler accelerare il processo.
La fase attiva del primo stadio invece comincia quando il canale del parto è ormai pronto e la dilatazione procede fino a 10 cm, ossia il massimo che può raggiungere.
La dilatazione da questo punto in poi procede di circa 1cm/l’ora, quindi la durata è di circa 5-6 ore nelle nullipare e 2-4 ore nelle pluripare.
Ecco schematicamente cosa accade:
- la dilatazione procede: le contrazioni uterine causano una retrazione del corpo uterino che permette la dilatazione dell’orifizio uterino esterno fino a 10 cm,
- è possibile che si rompano le acque,
- è possibile avere qualche lieve perdita di sangue,
- le contrazioni sono regolari e ravvicinate (ogni 2-5 minuti) e durano anche un minuto, la pausa tra l’una e l’altra diminuisce e aumenta l’intensità
- possono comparire sintomi tipici: quali dolore alla schiena, senso di pressione nella zona pelvica, tremore, stanchezza, nausea e vomito, diarrea, irrequietezza, difficoltà a controllare il dolore.
Quando si giunge a questa fase, si è già abbastanza stanche e i sentimenti che si provano sono contrastanti: la fine del travaglio si avvicina ma dall'altra parte il dolore può prendere il sopravvento,per questo è importante circondarsi di persone positive che possano dare forza e coraggio alla futura mamma.
Per contrastare la stanchezza, è possibile bere qualche sorso di bevande zuccherine, non perché sia controindicato mangiare in travaglio, ma perché alcune donne non tollerano bene il cibo, non hanno fame o vomitano.
Secondo stadio stadio: espulsione del feto.
La seconda fase del travaglio va dalla dilatazione completa fino all'espulsione del feto.
E’ la fase più breve ma più delicata in quanto il feto attraversa il canale del parto e deve compiere delle rotazioni per trovare i diametri più favorevoli e uscire.
L’inizio del secondo stadio prende il nome di fase latente o di transizione. In questa fase la dilatazione è completa ma non si avvertono ancora i premiti, la voglia irrefrenabile di spingere e quindi la donna si concede una breve tregua. La fase di transizione può durare circa 60 minuti nelle primigravide e circa 30 minuti nelle pluripare.
La fase attiva invece è il momento della nascita: la donna avverte i premiti e il desiderio di “far uscire” il bimbo e accompagna la forza delle contrazioni con la spinta volontaria dei muscoli addominali.
Ecco cosa accade:
- il feto è impegnato (la parte presentata ha superato l’ingresso pelvico) e procede nel canale del parto,
- compie una rotazione interna: ossia una rotazione di 45 ° per adeguare il diametro più favorevole della sua testa rispetto al diametro più favorevole del bacino della mamma e superare lo stretto medio,
- avviene il disimpegno della testa: dopo aver ruotato, la testa scivola lungo la concavità del sacro ed esce dalla rima vulvare. In contemporanea si impegnano le spalle all'ingresso del bacino,
- avviene la rotazione esterna o restituzione, la testa del piccolo ruota e permette alle spalle di adeguarsi ai diametri del bacino ed uscire,
- espulsione del corpo, dopo l’uscita della testa e delle spalle esce anche tutto il resto del corpo del bimbo che finalmente è nato.
Se è stata rispettata la fisiologia e nessun operatore interviene per accelerare questa fase (il rischio è di creare danni o far incastrare il bambino nel canale del parto con manovre invasive e potenzialmente pericolose, come la Manovra di Kristeller, ossia la manovra esterna da parte di un operatore che con il braccio spinge esternamente per far scendere più in fretta il bimbo), il feto si prende i suoi tempi e con la testa spinge sui muscoli del pavimento pelvico che pian piano si allentano per lasciare spazio al passaggio del bimbo.
E’ importante essere in un ambiente che ispira fiducia ed essere circondate di tranquillità, in quanto questi muscoli sono soggetti alle emozioni e un ambiente negativo potrebbe irrigidirli causando una maggiore resistenza al piccolo che vuole nascere.
Questo può aumentare i rischi di lacerazioni vaginali e perineali, con conseguente dolore nel post parto e maggior rischio di eventuale prolasso di organi vaginali in età avanzata.
Terzo stadio, il secondamento: l’espulsione degli annessi fetali.
Il terzo stadio è definito secondamento, ossia il momento in cui, dopo la nascita del bambino, vengono espulsi anche gli annessi fetali, in particolare la placenta.
Infatti, dopo il parto, l’utero svuotato comincia a contrarsi e siccome la placenta non è di natura muscolare, non contraendosi insieme alle pareti uterine, pian piano si stacca. Una volta staccata completamente, scivola in vagina, senza che la mamma avverta nessun altro dolore, e viene espulsa e controllata dall'ostetrica che ha assistito al parto, per verificare che nessuna parte sia rimasta all'interno della cavità uterina.
Con le contrazioni le fibre muscolari chiudono i vasi lasciati aperti dalla placenta appena staccata e creano il “globo di sicurezza”, ossia l’utero diventa duro come una pietra nel post partum per proteggere la mamma da emorragie che potrebbero essere pericolose.
Una volta completato il secondamento, si suturano eventuali lacerazioni vaginali e finalmente la mamma sarà libera di dedicarsi completamente al suo piccolo.
Quando il piccolo nasce, si provvede a coprirlo e si appoggia sul grembo materno possibilmente con contatto pelle a pelle, in modo da trasferire sulla sua cute tutti i germi “buoni” della mamma e il calore del corpo materno che lo aiuta nei primi contatti con il “freddo” mondo esterno.
Inoltre, già così piccolo, se lasciato addosso alla sua mamma, compirà i primi movimenti per giungere al seno materno e potrà già attaccarsi. Questa fase è fondamentale nella vita del bambino e della mamma, per cementare il loro rapporto ma anche per la salute di entrambi.
Come controllare il benessere materno-fetale?
E’ importante controllare durante tutto il travaglio i parametri vitali di mamma e bimbo, in quanto alterazioni potrebbero significare un problema durante il parto e quindi costringere gli operatori a deviare verso un parto più veloce, operativo o in casi estremi verso un cesareo d’urgenza.
Per questo nel primo stadio si valuta:
- temperatura e pressione materna ogni 4 ore,
- frequenza cardiaca materna ogni ora,
- frequenza e intensità delle contrazioni ogni mezzora,
- frequenza dello svuotamento della vescica,
- un esame vaginale ogni 4 ore, anticipandolo solo se strettamente necessario,
- auscultazione della frequenza cardiaca fetale per un minuto dopo le contrazioni e al massimo ogni 15 minuti
Nel secondo stadio invece:
- auscultazione della frequenza cardiaca fetale per un minuto dopo la contrazione e al massimo ogni 5 minuti,
- frequenza e intensità delle contrazioni ogni mezzora,
- frequenza cardiaca e pressione materna ogni ora,
- temperatura ogni 4 ore,
- un esame vaginale ogni ora o secondo il caso,
- valutazione della perdita ematica materna.
Riconoscere l’inizio del travaglio: quando andare in ospedale?
Una volta compresi tutti i meccanismi del parto, la domanda di ogni mamma è: quando devo allarmarmi e recarmi in ospedale?
La risposta non è semplice e varia molto a seconda della donna: le più ansiose non ce la faranno a restare a casa appena compariranno i primi sintomi del periodo prodromico, le altre invece prenderanno tutto con calma e aspetteranno prima di partire alla volta del pronto soccorso.
Ad ogni modo, uno dei fattori che va considerato è sicuramente la lontananza dalla struttura in cui andremo a partorire.
In linea generale i sintomi che ci devono spingere ad andare immediatamente in ospedale sono:
- Rottura delle acque: quando è una rottura completa, è impossibile non notarla in quanto la “cascata” sarà abbondante. Se la rottura non è completa, può esserci una perdita di liquido lenta. Si distingue dalle perdite urinarie in quanto il liquido amniotico è incolore e non ha il caratteristico odore dell’urina. Inoltre esistono dei presidi assorbenti che possono indicare se si tratti o meno di liquido, oltre a un test da eseguire in ospedale.
- Perdita di sangue: è comune avere delle macchie di sangue di colore rosa/rosso lievi in travaglio o al momento della perdita del tappo mucoso e questo non deve allarmarci. Se la perdita però è più abbondante, di colore rosso ed è accompagnata da dolori forti che non sono contrazioni è bene recarsi immediatamente all'ospedale più vicino, in quanto potrebbe essere un segnale di qualcosa di pericoloso.
- Contrazioni ravvicinate, meno di 5 minuti tra una contrazione e l’altra, regolari, per un periodo prolungato possono voler dire che il parto è vicino ed è bene recarsi in ospedale, tranne nel caso in cui si scelga di voler partorire a casa.
La borsa per l’ospedale.
Ciò che serve alla mamma:
- cartellina della gravidanza con anamnesi e allergie,
- documenti,
- camicia da notte con maniche larghe e possibilmente con i bottoni per il parto (se l’ospedale non fornisce un camice),
- mutandine usa e getta (o quelle di cotone, ma in questo caso conviene portarne parecchie in quanto si sporcano facilmente),
- assorbenti per il dopo parto lunghi (o mutandine usa e getta con assorbente incorporato),
- asciugamani e sapone per l’igiene in ospedale,
- abiti comodi per restare in ospedale prima o dopo il parto (pigiami o tute),
- vestaglia,
- calzini o calze,
- ciabatte,
- abiti per l’uscita dall'ospedale,
- reggiseno per l’allattamento
- eventuale lettore mp3 per ascoltare la propria musica preferita e rilassarsi.
Ciò che serve al bambino:
- camicina della fortuna, preferibilmente in cotone o lino, con allacciatura sul retro e senza maniche (è più facile da mettere e togliere),
- body a maniche lunghe o corte, a seconda della stagione, in cotone (se la struttura non fornisce l’abbigliamento),
- tutine a maniche lunghe o corte, a seconda della stagione, in tessuti naturali (se la struttura non fornisce l’abbigliamento),
- body e tutina per l’uscita dall'ospedale,
- cappellino per l’uscita dall'ospedale,
- copertina per l’uscita dall'ospedale,
- se la struttura non fornisce l’abbigliamento, preparare tutina e body in piccoli pacchettini da consegnare direttamente al nido,
I tempi del travaglio
Non è possibile indicare un tempo preciso entro il quale avviene il travaglio, in quanto la variabilità (in particolare della fase latente) è grande e la progressione non è sempre lineare.
Secondo le Linee guida inglesi del NICE (National Institute For Health And Care Excellence), a cui fanno riferimento anche gran parte delle Linee guida nazionali, la donna deve essere informata che:
- per le nullipare: si giungerà alla seconda fase del travaglio entro 18 ore dall'inizio del primo stadio senza alcun intervento,
- per le pluripare: si giungerà alla seconda fase del travaglio entro 12 ore dall'inizio del primo stadio senza alcun intervento.
- Tempi superiori a 18 e 12 ore sono improbabili o patologici.
In base alle Linee guida del NICE, il parto dovrebbe avvenire entro tre ore dall'inizio della fase attiva del secondo stadio per le nullipare ed entro due ore per le pluripare.
Ma anche in questo caso i tempi non sono rigidi e se la mamma e il bimbo stanno bene, si può aspettare fino a che non sarà espletato il parto in modo naturale.
I tempi possono allungarsi anche di un’altra ora in caso di parto in analgesia.
Come affrontare il dolore del travaglio.
Il dolore del travaglio, si sa, è uno dei dolori più forti che una donna possa provare. E’ una bugia dire che non si sente nulla, anche se effettivamente una piccola percentuale di donne soffre di meno e ha travagli molto brevi, di poche ore.
E allora come si fa a controllare il dolore in travaglio?
Travaglio e parto in acqua.
Uno degli elementi che di sicuro può aiutare la futura mamma è l’acqua che agisce su vari livelli al momento del travaglio e del parto.
L’acqua è, infatti, il nostro elemento naturale e la mamma si sente avvolta e protetta, in intimità con se stessa e con il piccolo che nuota dentro di lei. La donna si sente libera, può muoversi come vuole, la pancia è leggera, non è costretta da abiti fastidiosi, ma solo dal dolce abbraccio caldo dell’acqua.
I vantaggi del parto in acqua dal punto di vista fisico, poi, sono tanti:
- attenua la percezione del dolore: la sensazione di sollievo che provoca il contatto con l’acqua riduce la percezione del dolore in travaglio, inoltre permette la libertà di movimento e quindi la donna può trovare la posizione migliore per lei per sopportare le contrazioni e il peso del corpo è alleggerito e questo aiuta a percepire meno dolore nella zona lombare;
- regolarizza le contrazioni: l’acqua induce un rilassamento muscolare e una riduzione dell’eccitabilità, per cui le contrazioni risultano più regolari e ritmiche;
- facilita il periodo dilatante: il rilassamento dei muscoli permette di assecondare le contrazioni senza opporre resistenza e questo facilita il periodo della dilatazione (periodo dilatante più breve);
- maggiore riposo tra una contrazione e l’altra;
- massaggia dolcemente i muscoli perineali e i genitali esterni, riducendo il rischio di lacerazioni durante il parto;
- riduce gli interventi ostetrici sulla partoriente, che non avrà bisogno di altro se non di un controllo periodico del battito fetale per assicurarsi che tutto procede per il meglio.
In Italia ci sono varie strutture che permettono l’accesso delle donne al travaglio in vasca, ad ogni modo se il travaglio si sta avviando e non c’è l’urgenza di correre in ospedale, la futura mamma può preparare la vasca anche a casa propria e immergersi fin quando lo desidera.
Le posizioni alternative.
Un fattore importante per un travaglio tranquillo e un parto fisiologico è sicuramente la possibilità di adottare posizioni naturali, definite “alternative”.
In realtà più che alternative dovrebbero essere la scelta principale in base a ciò che gradisce la gravida. Lasciare alla futura mamma la possibilità di mettersi nelle posizioni che preferisce durante il travaglio e il parto la aiuta a sentirsi tranquilla, accettata e ad entrare in contatto con la sua parte più naturale ed istintuale.
In linea generale possiamo dire che la classica posizione litotomica, ossia quella sulla sedia ginecologica con le gambe divaricate, è quella più scomoda per la mamma e più comoda per l’operatore. Infatti, specie durante il parto, l’ostetrica ha una buona visione dei genitali e può agire più facilmente in caso di difficoltà. La donna invece in questa posizione percepisce maggior dolore durante il travaglio e la forza della contrazione va contro la forza di gravità: quindi non aiuta il bambino ad incanalarsi bene.
Inoltre il sacro e il coccige sono compressi (essendo la donna stesa sulla schiena) per cui nell'ultimo tratto del canale del parto il bambino trova maggiore ostacolo per uscire: fisiologicamente il coccige “si sposta un po all'indietro” (retropulsione) per aumentare il diametro dello stretto inferiore e favorire l’uscita del feto. In posizione litotomica questo percorso è più difficoltoso perché il coccige non può spostarsi e fare spazio, per cui saranno necessarie spinte più energiche e un tempo maggiore per il disimpegno della testa.
Una delle posizioni che da più sollievo dal dolore e facilita il momento del parto è la posizione accovacciata. In questo caso la mamma si accovaccia al momento della contrazione o durante la fase espulsiva: il bacino presenta i diametri maggiori, il bimbo ha lo spazio giusto per uscire e il dolore percepito è inferiore. E’ però una posizione che facilmente può stancare la gravida.
In travaglio può essere utile l’aiuto del partner che può sostenere la mamma sotto le braccia e aiutarla a lasciarsi andare e scivolare sulle gambe al momento della contrazione. Il peso sarà sostenuto quindi dalle forti braccia del papà e non grava del tutto sulle gambe della donna.
Una posizione utile per alleviare i dolori alla schiena è la posizione carponi. In questo modo, infatti, il peso del pancione non grava sulla zona lombo-sacrale della gravida.
Può essere assunta sia in travaglio che durante il parto. In questo caso l’ostetrica avrà comunque una buona visione dei genitali e potrà intervenire se necessario o lasciar scivolare fuori il corpo del bambino.
E’ una buona posizione per partorire specie se il bimbo si presume sia più grande della media, in quanto i diametri del bacino sono più favorevoli rispetto all'orientamento che assumono in posizione litotomica.
Stando con le ginocchia su una superficie rigida è possibile avvertire dolore, per cui è preferibile stendere un materassino morbido o dei cuscini. Inoltre è possibile stare carponi anche sul lettino da parto, appoggiando l’addome sullo schienale.
La posizione seduta è associata ad un maggiore dolore nella zona coccigea, per cui le gravide preferiscono sedersi su una apposita sedia che prende il nome di sgabello olandese. La sua particolarità sta nel fatto che centralmente e sul davanti è aperto per cui la gravida ha piena libertà di movimento e il peso non grava sulla zona coccigea. Inoltre è imbottito per cui consente il massimo comfort. Si può utilizzare sia in stanza che sotto la doccia per trarre beneficio dal massaggio dell’acqua sulla schiena.
Può favorire la spinta al momento del parto in quanto la posizione seduta è favorita anche dalla forza di gravità.
Il partner può partecipare sedendo dietro le spalle della donna sorreggendola sotto le braccia sia al momento del travaglio che del parto.
La respirazione.
Una buona respirazione è alla base di un buon travaglio e un buon parto.
E’ importante soprattutto durante le contrazioni: in questi momenti, infatti, l’afflusso di sangue al feto è momentaneamente ridotto per cui una respirazione efficace aiuta anche a mantenere il grado di ossigenazione fetale ottimale.
Le contrazioni variano di intensità e di lunghezza nell'arco del travaglio e la respirazione muterà in base ad esse.
All'inizio, infatti, sarà più lenta e profonda, l’inspirazione comincia quando si avverte l’inizio della contrazione mentre la fase finale coincide con l’espirazione, lenta e liberatoria. Attenzione però a non fare pause durante la respirazione se siete in travaglio. Può essere utile trattenere leggermente il fiato se state provando la respirazione prima del travaglio vero e proprio, ma durante una contrazione è importante non ipoventilare.
Nella fase intermedia, la contrazione si fa più lunga e dolorosa e la respirazione si farà più superficiale e ravvicinata. Attenzione però a non fare respiri troppo frequenti e superficiali: il bimbo potrebbe risentirne e l’iperventilazione potrebbe causare uno svenimento.
Nella fase espulsiva, le spinte attive prevedono di prendere fiato e spingere in un momentaneo stato di apnea, gonfiando le guance. Alla fine dello stimolo del premito, si ritorna alla respirazione più lenta per riprendere fiato e prepararsi al nuovo stimolo e spingere di nuovo.
La regola, quindi, è quella di assecondare il proprio ritmo respiratorio cercando di non eccedere in un senso o in un altro, rischiando di svenire o di far arrivare poco ossigeno al bambino.
Anestesia epidurale.
L’anestesia epidurale è il sistema più efficace per eliminare i dolori del travaglio e del parto.
Essa, poiché addormenta i nervi che trasmettono gli impulsi dolorosi al cervello, elimina completamente il dolore ed è utile soprattutto quando il travaglio si protrae per molte ore.
L’anestesista inietta attraverso un catetere inserito nella schiena, una combinazione di anestetici locali e oppioidi, che inizia ad essere efficace dopo 10/15 minuti dalla somministrazione.
Questo tipo di anestesia ha molti vantaggi, infatti, non fa sentire dolore, ma al tempo stesso, consente alla donna di essere vigile ed assistere al parto.
Puoi approfondire vantaggi e rischi dell'epidurale.
I consigli per vivere al meglio il travaglio.
Da tutto ciò che abbiamo detto, potrebbe sembrare che il travaglio e il parto siano momenti difficili da attraversare quindi ecco alcuni piccoli consigli per vivere al meglio il travaglio:
- evitare di concentrarsi sul dolore, ma solo sulla respirazione, sulla posizione meno dolorosa e soprattutto sul fatto che presto vedremo il volto del piccolo che portiamo in grembo;
- circondarsi di persone scelte che possano portare serenità e non agitazione;
- farsi massaggiare la parte bassa della schiena durante un dolore, in modo energico e deciso;
- tra una contrazione e l’altra, il riposo è essenziale; anche dei microsonni possono far riprendere le forze;
- bere piccoli sorsi di qualcosa di zuccherino o anche solo acqua;
- se si pensa di non reggere nessun liquido o solido, meglio farsi bagnare almeno le labbra con una spugnetta;
- andare in ospedale solo quando davvero sentite che è il momento;
- comunicare con il personale medico in modo chiaro e aperto, chiedendo ragguagli e informazioni e invitandoli a seguire le proprie indicazioni (es. posizioni libere);
- ascoltare un po’ di musica rilassante e fare una passeggiata nei corridoi dell’ospedale può aiutare a rilassarsi;
- al momento del parto, cercare di rilassare il perineo rilasciando i muscoli, senza opporre resistenza alla progressione della testa fetale.