Arresto cardiaco: cause, sintomi, terapie e conseguenze

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Approfondimento sull’arresto cardiaco, una condizione che solitamente induce la morte del soggetto. Analizziamo le cause che determinano l’arresto del battito del cuore ed i sintomi con cui si manifesta; scopriamo inoltre le terapie da mettere in atto per rianimare il paziente e le conseguenze che possono insorgere se trascorre tempo prima della ripresa della funzionalità cardiaca.

Cos’è l’arresto cardiaco?

L’arresto cardiaco è un deficit improvviso della funzionalità del cuore a causa della quale esso cessa improvvisamente di battere e di conseguenza interrompe la sua azione di pompaggio del sangue. Per tale motivo i tessuti corporei e quelli del cervello, in particolare, non saranno più perfusi da sangue ed ossigeno con conseguente perdita di coscienza e, senza un appropriato e rapido intervento, morte in pochi minuti.

La principale causa di arresto cardiaco è una compromissione dell’apparato elettrico del cuore che ne determina la ritmica contrazione.

Per tale motivo sicuramente l’arresto cardiaco è una condizione medica differente dall'attacco cardiaco che è invece una compromissione del flusso ematico pompato o dalla insufficienza cardiaca che invece è una diminuzione anche tangibile della gittata ematica.

Per quanto fin qui detto si comprende facilmente che l’arresto cardiaco è una gravissima emergenza medica e come tale va trattato in tempi strettissimi pena la morte improvvisa di chi ne è colpito. Se però il trattamento è repentino ed adeguato in molti casi esso può essere reversibile ed allora la sopravvivenza è assicurata. L’ideale è che detto trattamento venga effettuato in una struttura attrezzata per la rianimazione cardiopolmonare che può disporre di idonee apparecchiature, ma anche un trattamento di primo soccorso (come vedremo in seguito) può essere d’aiuto.

Scheda di richiamo sull'apparato elettrico del cuore (Pacemaker cardiaco).

Il cuore si contrae ritmicamente per effetto di impulsi elettrici prodotti da apposite cellule posizionata in una area del muscolo nota come nodo del seno atriale o nodo del seno. Il nodo del seno è posizionato sulla parete dell’atrio destro vicino all'innesto della vena cava superiore.

Il nodo seno atriale che genera gli impulsi è collegato ad una sorta di relais che ritarda gli impulsi elettrici di contrazione in maniera da consentire che si contraggano prima gli atri e poi i ventricoli. Questo relais è noto come nodo atrioventricolare. Dal nodo atrio ventricolare si diparte poi il fascio di His che conduce il segnale a ventricoli.

Classificazione: le aritmie trattabili e quelle no.

Si usa suddividere l’arresto cardiaco in due grandi categorie: trattabile e non trattabile.

Alla tipologia di arresto cardiaco trattabile appartengono quelli causati da aritmie reversibili.

Approfondisci cosa sono e quali sono le conseguenze delle aritmie cardiache.

Un esempio di aritmia che conduce ad un arresto cardiaco trattabile è quello procurato da fibrillazione ventricolare. Questa è una tachicardia rapidissima (con frequenza molto elevata) che provoca contrazioni del cuore non coordinate tali da ridurre rapidamente la gittata ematica fino ad annullarla completamente. Il cuore affetto da tale aritmia, infatti, non si contrae più ritmicamente per pompare il sangue ma fibrilla rapidamente in maniera inefficace senza riuscire più ad espellere il sangue. Questa aritmia e l’arresto cardiaco che può conseguire è reversibile con uno speciale trattamento: la defibrillazione che in seguito analizzeremo con più dettagli.

Puoi approfondire le cause ed i sintomi della fibrillazione ventricolare.

Tra le aritmie non trattabili con defibrillazione vi è l’asistolia (assenza di sistole per deficit dell’attività elettrica del cuore). Viene trattata con somministrazione endovena di farmaci vasopressori ossia in grado di innalzare la pressione come l’adrenalina.

Sintomi e segni dell’arresto del battito e del respiro.

I sintomi dell’arresto cardiaco compaiono in maniera improvvisa e sono molto perentori.

Essi contemplano:

Generalmente una sintomatologia preannuncia l’evento, che comunque non sempre è presente, ma, che se esiste, può così riassumersi:

Perchè il cuore cessa di battere? Cause e fattori di rischio.

Come già sommariamente accennato una buona parte degli arresti cardiaci sono conseguenti ad una compromissione del sistema elettrico del cuore che determina una aritmia ossia una anomalia del ritmo con cui il muscolo si contrae e rilascia per pompare il sangue e che può determinare l’arresto cardiaco. Infatti come è brevemente evidenziato nella scheda di richiamo sul sistema elettrico cardiaco, il cuore per contrarsi, contrariamente ad altri muscoli, non necessita di terminazioni nervose che gli adducono segnali provenienti dal cervello ma ha un proprio pacemaker interno.

Le aritmie però non insorgono spontaneamente ma necessitano di cause scatenanti. Le cause che più comunemente possono compromettere l’apparato di stimolazione elettrica del cuore e indurre aritmie sono:

Approfondisci come si manifesta l'infarto cardiaco.

Oltre a dette cause che hanno tutte una origine cardiaca esistono anche un certo numero di cause che hanno origine non cardiache. Le più comuni sono:

Altre possibili cause sono:

Fattori di rischio.

Dato gli stretti legami di causalità tra patologie cardiocircolatorie ed arresto cardiaco vi sarà una stretta sovrapposizione dei fattori che aumentano il rischio delle due condizioni mediche.

Tali fattori sono:

Altri fattori che possono aumentare il rischio di incappare nell'accidente sono:

Diagnosi dell’arresto cardiaco.

La diagnosi dell’arresto cardiaco viene, di solito, effettuata in condizione di massima urgenza e spesso da personale non specializzato. Di conseguenza non può che essere basata sulla clinica e precisamente sul riscontro dell’assenza del polso carotideo.

Questo è il segno del battito provocato dall'onda del sangue che procede nell'aorta per effetto della sistole (contrazione del cuore). Il polso carotideo si rileva appoggiando la punta di due dita (solitamente indice e medio) sul collo subito al di sotto dell’arco della mandibola lungo il percorso della carotide. Questo metodo di diagnosi induce però anche il personale specializzato come quello paramedico ad errori e perciò si consiglia di associare ad esso il segno del respiro agonico. Questo è il boccheggiamento, talvolta debole e talvolta pesante e faticoso, tipico di quando la frequenza degli atti respiratori si riduce fino all'annullamento.

Se si sopravvive ad un arresto cardiaco sarà ovviamente necessario indagare per individuare le cause che lo hanno prodotto per poter poi prevenire, se è possibile, ulteriori recidive. Lo specialista si avvarrà per tale indagine di:

Terapie: primo soccorso ed intervento medico.

In caso di arresto cardiaco il primo trattamento da porre in atto, pena la morte del paziente, è il ripristino del fisiologico ritmo sinoidale del cuore o quantomeno, se non si dispongono delle idonee attrezzature per fare ciò, di assicurare manualmente la conservazione delle funzioni cerebrali.

Primo soccorso.

Per ripristinare il ritmo cardiaco e sopperire all'arresto della circolazione è necessario iniziare, il più velocemente possibile, una manovra che con un acronimo anglosassone è nota come CPR (CardioPulmonary Resuscitation) riabilitazione cardiopolmonare.

La CPR, è tesa ad assicurare, in assenza di pompa cardiaca, un flusso parziale di sangue ossigenato a cervello e cuore onde ritardare la morte dei tessuti per anossia. Essa consiste nell'effettuare un massaggio cardiaco comprimendo ritmicamente il torace dell’infortunato, disteso sulla schiena, con le palme delle mani incrociate sopra lo sterno. Le compressioni ritmiche vanno effettuate con frequenza di 100 al minuto e vanno alternate con respirazione bocca a bocca per insufflare aria nel torace.

Va detto che la riabilitazione cardiopolmonare da sola non basta a ripristinare il battito cardiaco. Per potere ottenere ciò è necessario la defibrillazione che è una procedura che richiede l’uso di una speciale attrezzatura che è il defibrillatore. Questo è un generatore di impulsi elettrici ad elevata tensione dotato di due elettrodi che vengono posizionati sul torace ai lati del cuore e poi si aziona il dispositivo. Lo shock elettrico a cui è sottoposto il cuore in fibrillazione resetta il suo apparato elettrico arrestandolo per un attimo. Successivamente il cuore riprende a funzionare col normale ritmo sinoidale.

I defibrillatori oltre che in dotazione agli operatori sanitari negli ultimi anni, sono stati resi disponibili in maniera portatile e pronti per l’uso presso alcune strutture pubbliche come: campi di calcio, aeroporti, etc. Va notato che non tutte le aritmie possono essere trattate con defibrillazione. La più comune di quelle trattabili è, come ripetutamente detto, la fibrillazione ventricolare.

Terapia farmacologica.

Nella fase iniziale di CPR durante la defibrillazione se il ritmo cardiaco fisiologico stenta a ripristinarsi si può rendere necessaria la somministrazione di farmaci come adrenalina ed amiodarone.

Dopo l’intervento di primo soccorso occorre ricorrere ad un’assistenza medica professionale sia per completare il trattamento post-rianimazione che per risolvere la causa responsabile della fibrillazione e dell’arresto cardiaco. La terapia iniziale sarà tesa a stabilizzare il ritmo cardiaco e quindi somministrazione di farmaci antiaritmici.

Tali farmaci, infatti, correggono e prevengono le anomalie del ritmo cardiaco agendo sui processi che determinano la formazione degli impulsi elettrici responsabili della contrazione e sul circuito deputato alla loro conduzione. Quindi rallentano il ritmo cardiaco, riducono la velocità di conduzione dell’impulso, diminuiscono la soglia di eccitabilità alla contrazione delle cellule del miocardio. I principali principi attivi sono: i beta bloccanti, gli ACE inibitori, i bloccanti dei canali di calcio.

Trattamenti chirurgici.

Quando le funzioni vitali si sono stabilizzate occorre un’accurata diagnosi per individuare la causa dell’arresto cardiaco procedere con la giusta terapia che spesso è di natura chirurgica:

Conseguenze dell’arresto cardiaco.

Un arresto cardiaco comporta, come si è ripetutamente detto, scarsa o inesistente perfusione sanguigna e quindi anossia (mancanza di ossigeno alle cellule). Pertanto se l’arresto non viene rapidamente risolto i danni saranno tali da condurre alla morte. Un arresto senza CPR che dura 10 minuti offre bassissime probabilità di sopravvivenza.

Se, invece, il blocco cardiaco viene superato ed il cuore riprende il suo normale funzionamento l’organo che maggiormente può riportare conseguenze è il cervello perché è assolutamente privo di riserve di sangue ossigenato.

Alcune cellule cerebrali, infatti, cominciano a morire già dopo 5 minuti di mancata ossigenazione, per cui il danno cerebrale che può aversi in seguito ad arresto cardiaco può essere di varia entità e localizzazione.

Se il cervello è rimasto privo di ossigeno per un tempo eccessivo (più di cinque minuti) possono insorgere lesioni cerebrali irreversibili e coma.

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